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Fermo amministrativo come dimostrare l’impiego lavorativo entro 60 giorni e non 30 giorni

  • Redazione Assodigitale
  • 22 Maggio 2025
Fermo amministrativo come dimostrare l’impiego lavorativo entro 60 giorni e non 30 giorni

termine di 60 giorni per la prova dell’impiego nella sfera lavorativa

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Il termine per dimostrare che un veicolo sottoposto a fermo amministrativo sia effettivamente utilizzato in ambito lavorativo è stato recentemente oggetto di un’importante pronuncia giudiziaria. La Corte di Giustizia tributaria del Piemonte, con la sentenza n. 338/2/25 del 5 maggio 2025, ha stabilito che i contributi probatori possono essere prodotti entro 60 giorni dalla notifica del preavviso di fermo, e non entro 30 come tradizionalmente sostenuto dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Questo indirizzo rappresenta una svolta rilevante, ampliando la finestra temporale di difesa e contrastando la rigida applicazione del termine breve imposto dall’agente della riscossione.

Indice dei Contenuti:
  • Fermo amministrativo come dimostrare l’impiego lavorativo entro 60 giorni e non 30 giorni
  • termine di 60 giorni per la prova dell’impiego nella sfera lavorativa
  • interpretazione giurisprudenziale sull’articolo 86 co. 2 DPR 602/1973
  • implicazioni pratiche per contribuenti e agenzia delle entrate-riscossione


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Il decreto legislativo 602/1973, all’art. 86 co. 2, prevede che, una volta notificato il preavviso di fermo, il contribuente debba fornire entro un termine la prova che il veicolo è strumentale all’attività lavorativa. Storicamente, l’ader aveva considerato questo termine perentorio e fissato in 30 giorni, imponendo al proprietario di documentare immediatamente l’impiego professionale del mezzo per evitare l’iscrizione del fermo al PRA.

Tuttavia, la recente sentenza chiarisce che questo termine di 30 giorni non costituisce una decadenza assoluta nel fornire le prove. Piuttosto, il contribuente ha fino a 60 giorni per impugnare gli atti e supportare le proprie argomentazioni con documenti quali libri cespiti, fatture, registri di manutenzione e altre evidenze che attestano l’uso produttivo e funzionale del veicolo nell’attività professionale o d’impresa. Ciò significa che la documentazione può essere raccolta e presentata anche dopo il termine indicato nel preavviso, purché entro il limite temporale previsto dal codice del processo tributario.

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La decisione ridimensiona la funzione “decadenziale” del termine di 30 giorni, interpretandolo come un periodo utile ma non tassativo per evitare l’iscrizione automatica del fermo. Resta inteso che il mancato rispetto del termine di 60 giorni per l’impugnazione comporta l’impossibilità di contestare l’atto in via processuale, ma fino a questa scadenza il contribuente può allegare liberamente ogni element o utile a dimostrare che il veicolo è indispensabile per l’attività svolta.

interpretazione giurisprudenziale sull’articolo 86 co. 2 DPR 602/1973

La giurisprudenza più recente ha chiarito in modo definitivo l’ambito di applicazione e i limiti temporali della prova di strumentalità prevista dall’art. 86 co. 2 del DPR 602/1973. In particolare, la sentenza n. 338/2/25 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria del Piemonte ha ribaltato un orientamento consolidato in passato, superando la rigida interpretazione del termine di 30 giorni imposto dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Secondo la Corte, il termine di 30 giorni indicato nel preavviso di fermo non rappresenta un termine perentorio di decadenza, bensì un limite dilatorio volto a consentire all’agente della riscossione di procedere all’iscrizione entro un arco temporale ragionevole. La prova della strumentalità del veicolo, quale mezzo necessario e funzionale allo svolgimento dell’attività lavorativa o d’impresa, può essere fornita anche successivamente, purché entro il termine ordinario di 60 giorni previsto per l’impugnazione degli atti tributari.

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Inoltre, è stato chiarito che la mancata presentazione delle prove al momento amministrativo non comporta perdita del diritto di difesa nel giudizio tributario. Ciò implica un’apertura significativa in favore del contribuente, che potrà documentare la natura lavorativa del bene anche in sede processuale attraverso documenti quali registri cespiti, fatture, contratti di lavoro o altre attestazioni idonee.

Questa interpretazione conferma la natura non punitiva del fermo amministrativo, volto a tutelare il credito erariale senza pregiudicare in modo irreversibile i diritti del contribuente. Tale impostazione si allinea a una prassi giurisprudenziale che valorizza il principio del contraddittorio e il diritto alla difesa piena, evitando che termini troppo stringenti possano determinare ingiustificate limitazioni alla possibilità di prova.

implicazioni pratiche per contribuenti e agenzia delle entrate-riscossione

La recente pronuncia della Corte di Giustizia tributaria del Piemonte comporta rilevanti conseguenze operative sia per i contribuenti sia per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Da un lato, il contribuente ottiene un significativo ampliamento della tutela difensiva: potrà infatti raccogliere e presentare prove dell’impiego lavorativo del veicolo oltre la scadenza dei 30 giorni indicata nel preavviso, fino al limite ordinario di 60 giorni previsto per l’impugnazione dell’atto. Ciò implica una maggiore flessibilità nella preparazione della documentazione, che può includere libri cespiti, fatture carburante, registri manutenzione o altri elementi idonei a dimostrare l’uso professionale del mezzo.

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Dall’altro lato, per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione la sentenza impone una revisione delle prassi amministrative, perché il rigido vincolo temporale di 30 giorni non potrà più essere utilizzato come criterio di preclusione per la prova di strumentalità. Il preavviso continua a svolgere la funzione di avvertimento e di impulso per sollecitare il contribuente a produrre tempestivamente la documentazione, ma non può configurarsi come un termine perentorio di decadenza per l’esercizio del diritto alla difesa.

Rimane, tuttavia, inderogabile l’osservanza del termine generale di 60 giorni per proporre ricorso ai tribunali tributari, pena la perdita della possibilità di contestare il fermo. La decisione impone quindi una doppia attenzione: da parte del contribuente nel tempestivo avvio delle opportune contestazioni e della raccolta di prove, da parte dell’agente della riscossione nel garantire la piena efficacia del contraddittorio e nell’evitare iscrizioni affrettate che potrebbero essere invalidate in giudizio.

In pratica, questa impostazione favorisce un bilanciamento più equo tra l’esigenza erariale di recuperare crediti fiscali e il principio costituzionale di tutela della difesa. La possibilità di integrare successivamente la documentazione rappresenta un importante strumento di garanzia per il contribuente e un incentivo per l’Agenzia a valutare con maggiore attenzione le istanze di strumentalità prima della formalizzazione del fermo al PRA.


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