Fabrizio Moro critica Sanremo e i rapper: le piattaforme streaming sono il problema
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Il “no” di Fabrizio Moro a Sanremo
Fabrizio Moro ha rifiutato in modo chiaro e deciso di partecipare al prossimo Festival di Sanremo, suscitando l’interesse di molti fan e addetti ai lavori. Durante un’intervista rilasciata a La Stampa, il cantautore romano ha condiviso le sue emozioni e le motivazioni dietro questa scelta. In occasione dell’evento benefico “Per la pace – Live contro le guerre”, tenutosi all’Unipol Forum di Milano/Assago, Moro ha avuto l’opportunità di esibirsi insieme a Ermal Meta, interpretando i brani Non mi avete fatto niente e Portami via, due pezzi che ricordano la sua storica relazione con il Festival.
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Nonostante sia spesso considerato un papabile concorrente, Fabrizio Moro ha ribadito la sua volontà di non partecipare, affermando che la pressione legata all’evento non è qualcosa di cui necessita in questo momento. Ha sottolineato come preferisca dedicarci all’apprezzamento del suo percorso di carriera, che si estende per oltre venti anni, piuttosto che affrontare l’attesa e le aspettative che accompagnano il Festival.
Il cantautore ha anche espresso un profondo rispetto per la sua storia con Sanremo, riconoscendo che si tratta di un palcoscenico che ha contribuito a illuminare il suo cammino artistico. Tuttavia, ha manifestato la sua contrarietà a “mettersi in fila” per partecipare, ritenendo inadeguato confrontarsi con una nuova generazione di artisti a cui non sente di appartenere. La sua frustrazione è palpabile quando dichiara: «Non mi va di fare sala d’attesa insieme a una pletora di ragazzini che hanno pubblicato un singolo o poco più», evidenziando ulteriormente il suo disinteresse verso le dinamiche attuali del Festival.
Infatti, il ricordo delle sue esibizioni precedenti a Sanremo, accompagnato dalla sua esperienza di artista, lo ha portato a decidere di non partecipare quest’anno. Per Moro, la pressione di affrontare eventi pubblici come il Festival diventa intollerabile, specialmente considerando che per lui ogni performance è un’opportunità per mettere in gioco la propria carriera. Si concentra, quindi, su iniziative che lo vedono direttamente coinvolto, come i concerti, preferendo riempire i palazzetti piuttosto che cimentarsi in competizioni musicali cariche di tensione.
Le ragioni della scelta
Le ragioni della scelta di Fabrizio Moro
Fabrizio Moro ha spiegato chiaramente le motivazioni che lo hanno spinto a rifiutare la partecipazione a Sanremo, ponendo l’accento sull’attuale clima artistico e sulla sua personale esperienza. Secondo il cantautore romano, il Festival ha assunto negli ultimi tempi una forma di competizione che non riesce più a riflettere la vera essenza della musica. Il suo rifiuto non è semplicemente una questione di evitare la pressione, ma è un atto di volontà di preservare il significato profondo della sua carriera e la sua integrità artistica.
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Durante l’intervista, Moro ha espresso preoccupazioni rivolte verso quello che definisce un eccesso di pressione e aspettative legato alla partecipazione a eventi come Sanremo. Secondo lui, le emozioni e i nervi prima e dopo un’esibizione diventano amplificati nelle circostanze del Festival, dove ogni artista si trova a rischiare moltissimo. Ha affermato di sentirsi particolarmente vulnerabile di fronte alle dinamiche di competizione che privano di spontaneità e autenticità l’atto della performance musicale. «Stare sotto i riflettori di un evento così necessario, ma così distante dalla mia idea di musica, può essere oppressivo», ha dichiarato, rimarcando la sua scelta di dedicarsi a concerti e iniziative che riflettono meglio la sua filosofia artistica.
Inoltre, Moro ha fatto riferimento alla sua visione del mercato musicale contemporaneo. Non è solo una questione personale, ma un’osservazione critica del come le nuove generazioni di artisti e le modalità di fruizione della musica abbiano cambiato le regole del gioco. «Ogni anno ricevo proposte, ma sento che non è più il mio posto. Preferisco rimanere fedele alla mia storia», ha sottolineato, riconoscendo così l’importanza di rimanere autentico fino in fondo.
Il cantautore ha toccato anche il tema del rispetto per la propria carriera. Per lui, Sanremo rappresenta non solo una competizione, ma un ricordo vivente della sua evoluzione artistica. Preferisce guardare indietro con orgoglio, consapevole del percorso che ha fatto, piuttosto che cimentarsi in un evento che sente oggi non pensato per artisti come lui. La sua decisione è quindi il riflesso di una ricerca di equilibrio tra l’arte, la carriera e la salute mentale, elementi che Moro considera imprescindibili nella sua vita e professione.
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La pressione e il rispetto per la storia
Fabrizio Moro, parlando della sua relazione con Sanremo, ha espresso chiaramente come l’eccesso di pressione possa influenzare negativamente il benessere di un artista. Durante la sua carriera di oltre vent’anni, Moro ha accumulato una serie di esperienze che lo hanno portato a prendere consapevolmente le distanze da eventi che, seppur prestigiosi, possono rivelarsi oppressivi. Nel contesto di uno spettacolo come il Festival, dove le aspettative e le emozioni di fronte a un pubblico massiccio sono palpabili, il cantautore ha confessato di soffrire in modo considerevole prima e dopo ogni performance.«Stare sul palco di Sanremo significa mettere a rischio una carriera, e questo per me è troppo», ha sottolineato, evidenziando il consapevole ritiro da una competizione che considera inadeguata alla sua visione artistica.
Moro ha ribadito la sua necessità di preservare la sua integrità artistica, decidendo di evitare l’esposizione a pressioni che potrebbero compromettere la sua creatività. L’attesa interminabile, il confronto con altri artisti e le dinamiche di scelta del Festival, lo porterebbero a una spirale di ansia che preferisce non affrontare. La sua attenzione si è poi rivolta al valore delle esperienze passate, dichiarando: «Porto un rispetto enorme per la mia storia con Sanremo, ma non voglio più essere parte di un sistema che non sento più mio».
Inoltre, Moro ha enfatizzato il fatto che la musica per lui è sempre stata un mezzo di espressione autentico e personale, e un evento come il Festival non sempre riflette questo aspetto. La sua carriera è stata costruita su basi solide, e ogni sua esibizione ha il potere di evocare ricordi e emozioni forti. «Preferisco godermi ciò che ho creato nel corso di questi anni, senza dover sottostare a dinamiche che non mi appartengono», ha affermato, dimostrando così un profondo rispetto non solo per sé stesso, ma anche per il suo lavoro e il suo pubblico.
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La pressione sociale e professionale è un carico difficile da gestire per un artista, e Fabrizio Moro ha scelto di sottrarsi a questo fardello per dedicarsi a progetti e concerti che rappresentano meglio il suo autentico modo di fare musica. In tal modo, riconosce l’importanza di proteggere la propria salute mentale, aspetto essenziale in un settore tanto competitivo e talvolta spietato. Questa decisione diventa un’affermazione di indipendenza e un’ode alla sua lunga e rispettabile carriera.
Fabrizio Moro contro il sistema musicale attuale
Fabrizio Moro ha fatto sentire la sua voce anche riguardo all’evoluzione del panorama musicale contemporaneo, affermando che siamo in presenza di un “sistema malato”. Le sue affermazioni, rilasciate durante l’intervista, pongono l’accento su un cambiamento nei valori e nelle strutture che governano l’industria musicale, particolarmente in relazione alla musica rap e al ruolo delle piattaforme di streaming.
Il cantautore, pur riconoscendo il talento di alcuni artisti emergenti, ha sottolineato la mancanza di filtri e di selezione che caratterizza il mercato attuale. «Purtroppo, però il vero danno lo hanno fatto le piattaforme di streaming», ha affermato Moro, evidenziando come queste ultime abbiano trasformato il modo in cui la musica viene distribuita e consumata. Prima, per ottenere visibilità, era necessario affrontare il giudizio di un direttore artistico, ma oggi la barriera è stata abbattuta, permettendo a chiunque di pubblicare la propria musica senza alcun tipo di selezione.
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Questa democratizzazione, sebbene inizialmente possa sembrare positiva, ha generato una saturazione del mercato e una certa omologazione nei contenuti. Moro ha paragonato la situazione attuale a una “bufala”, poiché gli streaming non sono sempre indicativi della qualità della musica. «Il cantautorato della mia generazione sta per essere soppresso», ha affermato, lamentando il fatto che le dinamiche attuali favoriscano artisti che, a suo avviso, non sempre hanno la stessa profondità significativa rispetto ai cantautori più esperti e radicati.
In un contesto in cui il successo viene misurato principalmente in termini di visualizzazioni e stream, Moro ha espresso preoccupazione sulla direzione in cui si sta dirigendo la musica italiana. Secondo lui, partecipare a eventi di grande visibilità, come il Festival di Sanremo, implica ora confrontarsi con artisti che sono appena “sbarcati” sulla scena musicale e che si fanno notare più per la loro presenza social che per la solidità dei loro lavori artisticamente validi.
Questa critica si estende oltre il semplice disaccordo personale; Moro avverte che la perdita di valori basilari nella musica non farà altro che impoverire il panorama culturale. La sua visione contrasta nettamente con il modello attuale, dove la viralità prende il posto del talento e della creatività genuina. Concludendo il suo pensiero, ha lanciato un messaggio chiaro: «Chiamate i rapper o i rapper che farciscono le classifiche di streaming e vediamo cosa succede», richiamando così l’attenzione su un tema delicato che merita una riflessione approfondita da parte di tutti gli attori nel settore musicale.
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Critiche alle piattaforme di streaming
Fabrizio Moro ha espresso una netta contrarietà nei confronti delle piattaforme di streaming, additandole come una delle principali responsabili del degrado del panorama musicale attuale. Durante l’intervista, ha messo in evidenza come la democratizzazione dell’accesso alla musica, che queste piattaforme offrono, abbia di fatto creato un sistema privo di filtri, con conseguenze negative sia per gli artisti affermati che per le nuove leve. «Purtroppo, però il vero danno lo hanno fatto le piattaforme di streaming», ha affermato Moro, evidenziando così la sua preoccupazione per una realtà musicale in cui chiunque può pubblicare il proprio brano senza alcun tipo di valutazione da parte di esperti del settore.
Secondo Moro, un tempo il successo musicale era regolato dal crivello dell’industria discografica, che prevedeva l’approvazione di figure professionali come i direttori artistici. Queste figure avevano il compito cruciale di garantire che solo brani di una certa qualità raggiungessero il pubblico. Con l’avvento delle piattaforme di streaming, questa selezione è venuta a mancare. Le conseguenze sono evidenti: da un lato, si assiste a una proliferazione di contenuti musicali, dall’altro, si scoraggia la crescita di un’industria musicale che valorizzi la qualità anziché la quantità. La musica è quindi diventata, secondo Moro, un prodotto facilmente “consumabile”, piuttosto che un’espressione artistica profonda e significativa.
Inoltre, il cantautore ha menzionato come il sistema attuale consumi progressivamente il “cantautorato” della sua generazione, inteso come una forma di espressione più autentica e ponderata. «Il cantautorato della mia generazione sta per essere soppresso», ha sottolineato, alludendo a come gli artisti emergenti, spesso più noti per la loro visibilità sui social network, prevalgano nelle classifiche di streaming. Questo, a suo avviso, è un segnale preoccupante dell’impoverimento degli standard qualitativi nella musica. La superficialità nel consumo musicale non permette di formare un reale legame emotivo con le opere, invalidando l’essenza dell’arte stessa.
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Fabrizio Moro ha dunque lanciato una provocazione riguardante la direzione in cui si sta muovendo la musica italiana. «Chiamate i rapper o i rapper che farciscono le classifiche di streaming e vediamo cosa succede», ha affermato, esprimendo il suo disappunto per un sistema che sembra premiare l’esteriorità anziché il talento. Questa affermazione mette in luce il conflitto tra due generazioni musicali e pone interrogativi sul futuro dell’industria musicale, invitando addetti ai lavori e appassionati a riflettere su valori fondamentali come l’originalità, l’impegno e la passione per la musica.
Il punto di vista di Moro invita anche a considerare il ruolo fondamentale che la musica ha nel tessuto sociale e culturale del paese. Egli spera in una rinascita di un’industria musicale che rispetti e promuova i veri artisti, coloro che hanno speso anni a costruire le proprie carriere. In un periodo in cui i numeri delle piattaforme definiscono il successo, è fondamentale esaminare e rivalutare ciò che significa veramente fare musica.
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