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Ex gieffino valuta denuncia: dichiarazioni dell’avvocato Leonardo D’Erasmo sul caso Signorini

  • Redazione Assodigitale
  • 25 Dicembre 2025

dichiarazioni dell’avvocato leonardo d’erasmo

Video e dichiarazioni pubbliche dell’avvocato Leonardo D’Erasmo hanno chiarito il perimetro giuridico della vicenda e anticipato le valutazioni in corso sui presunti abusi contestati a Alfonso Signorini: il legale parla di consenso viziato, della necessità di ricondurre ogni episodio ai parametri penali e invita le potenziali vittime a rivolgersi alle autorità competenti. Nel suo intervento pubblico D’Erasmo ha sottolineato la differenza tra una presunta “zona grigia” e un comportamento che, alla luce dell’articolo 609‑bis del codice penale, può integrare una fattispecie di violenza quando il consenso non sia libero, attuale e revocabile. Le sue parole delineano le possibili prospettive procedurali e il ruolo delle denunce nel far emergere responsabilità penali e civili.

 

Indice dei Contenuti:
  • dichiarazioni dell’avvocato leonardo d’erasmo
  • FAQ
  • posizione di gianluca costantino
  • possibili azioni legali e tempistiche
  • FAQ
  • reazioni pubbliche e contesto mediatico
  • FAQ

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Leonardo D’Erasmo ha scelto il mezzo dei social per spiegare la propria posizione: nel video pubblicato sul profilo Instagram ha ribadito di assistere “diversi soggetti coinvolti” nella vicenda, ponendo l’accento sulle conseguenze che dinamiche di potere e pressioni possono avere sulla capacità di esprimere un consenso libero. La sua argomentazione giuridica è scandita sui punti cardine del diritto penale: il consenso valido deve essere libero, consapevole, attuale e revocabile. Qualora tali condizioni vengano meno, il consenso è da considerarsi viziato e la condotta può assumere rilevanza penale.

Nel medesimo intervento l’avvocato ha spiegato che la nozione di violenza prevista dall’articolo 609‑bis non si esaurisce nella sola violenza fisica: atti come un bacio imposto o altre condotte sessuali senza consenso possono rientrare nella fattispecie normativa. Per questo motivo ha invitato chiunque si riconosca in situazioni analoghe a non esitare a denunciare, sottolineando che la tutela del diritto non si applica a ruoli o notorietà, ma alla persona offesa.

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D’Erasmo ha altresì richiamato l’attenzione sulla necessità di raccogliere prove e testimonianze utili a una ricostruzione credibile degli eventi. Se da un lato ha evitato di anticipare quali azioni specifiche verranno intraprese, dall’altro ha confermato che «con il mio cliente sto valutando cosa fare. Decideremo nei prossimi giorni», lasciando intendere che ogni decisione sarà presa dopo attenta verifica documentale e strategica. Il legale ha infine rimarcato il carattere non ideologico del percorso: l’obiettivo dichiarato è accertare responsabilità e garantire tutela alle presunte vittime attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento.

FAQ

  • Che cosa ha detto l’avvocato Leonardo D’Erasmo? Ha spiegato che assiste più soggetti coinvolti nel caso, ha definito il consenso come libero, consapevole, attuale e revocabile e ha invitato le potenziali vittime a denunciare.
  • Perché D’Erasmo parla di consenso “viziato”? Perché se il consenso è estorto o influenzato da pressioni e poteri, non soddisfa i requisiti di validità previsti dal diritto penale.
  • Cosa prevede l’articolo 609‑bis del codice penale? Sanziona le condotte di violenza sessuale e comprende anche atti non necessariamente violenti dal punto di vista fisico se mancano il consenso libero e attuale.
  • Ha annunciato querela D’Erasmo? Non ha formalizzato alcuna querela: ha detto che con il cliente sta valutando le azioni da intraprendere e che la decisione sarà presa nei prossimi giorni.
  • Che rilievo ha la raccolta di prove secondo il legale? Un rilievo centrale: D’Erasmo ha sottolineato la necessità di acquisire testimonianze e documenti per sostenere eventuali azioni giudiziarie.
  • Chi deve rivolgersi alle autorità secondo D’Erasmo? Chiunque ritenga di essere stato vittima di condotte sessuali senza consenso deve denunciare per attivare le tutele penali e civili previste dalla legge.
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posizione di gianluca costantino

Gianluca Costantino sostiene di essere entrato nella casa del Grande Fratello esclusivamente tramite un provino regolare via Zoom; ha precisato di aver incontrato personalmente Alfonso Signorini soltanto dopo la sua eliminazione, in studio, e non durante le fasi di selezione. Questa ricostruzione, esposta dal diretto interessato su Instagram, circoscrive temporalmente e fattualmente ogni presunto contatto e rappresenta un elemento centrale nella valutazione della posizione dell’ex concorrente: se il contatto con il conduttore è avvenuto solo in fase successiva all’ingresso nel programma, vengono meno alcuni profili di influenza diretta sulla sua selezione.

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Costantino ha inoltre condiviso sui social messaggi offensivi e insinuazioni che lo accusano di aver “ottenuto” l’ingresso in trasmissione con compromessi; la sua risposta pubblica ha puntato a neutralizzare tali attacchi definendoli frutto di invidia e cattiveria verso chi non conoscono. Dal punto di vista probatorio, tali scambi informali non sostituiscono dichiarazioni formali né elementi documentali utili a un’istruttoria, ma possono configurare il contesto mediatico che accompagna la vicenda e influenzare la percezione pubblica.

La posizione sostanziale di Costantino, così come delineata, appare diversa rispetto a quella di altri protagonisti che hanno denunciato contatti o proposte antecedenti all’ingresso nel GF. Questo profilo attenua la possibilità che si parli di pressioni esercitate per garantire la partecipazione al programma, pur non escludendo che episodi successivi all’esposizione pubblica possano essere oggetto di contestazione. In sede legale la distinzione tra contatti pre‑selezione e rapporti successivi è cruciale per definire responsabilità e rilevanza penale o civile.

Infine, la scelta di Costantino di non trasformare immediatamente la vicenda in un atto formale e di limitarsi a chiarire pubblicamente i fatti sembra orientata a tutelare la propria immagine e al contempo a consentire al suo avvocato, Leonardo D’Erasmo, di valutare con prudenza eventuali iniziative giudiziarie. Qualora emergessero elementi nuovi o testimonianze che smentiscano la versione fornita finora, la posizione potrebbe essere rivista alla luce di prove documentali o dichiarazioni ulteriori.

possibili azioni legali e tempistiche

Le opzioni procedurali al vaglio degli interessati e dei loro legali spaziano dalla querela penale a iniziative civili risarcitorie; la scelta dipenderà dal quadro probatorio e dalla capacità di dimostrare il vizio del consenso. In ambito penale, la denuncia attiverebbe le indagini della Procura con acquisizione di testimonianze, chat, messaggi e filmati ritenuti rilevanti. Sul piano civile, invece, le azioni mirerebbero a ottenere un risarcimento per danno morale e alla reputazione: in questo contesto la produzione di elementi documentali e la precisazione dei fatti temporali sono fondamentali per sostenere la domanda.

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I tempi tecnici per la decisione sono strettamente legati alla raccolta di prove e alla strategia difensiva concordata con l’avvocato. Una querela può essere presentata immediatamente ma l’avvio formale di indagini richiede tempo per le prime attività istruttorie; la Procura può disporre accertamenti urgenti o delegare alle forze dell’ordine l’acquisizione del materiale. Nelle settimane successive si può arrivare a iscrizioni nel registro degli indagati, convocazioni e acquisizioni probatorie, fasi che richiedono, realisticamente, diversi mesi per una prima definizione.

Valutazioni strategiche condotte dal legale includono l’analisi della rilevanza penale delle condotte denunciate, l’esistenza di elementi a sostegno delle dichiarazioni e il rischio di controdenunce per diffamazione in caso di denunce mediatiche non corroborate. Gli avvocati considerano anche l’opportunità di preservare la riservatezza dei clienti attraverso la richiesta di misure cautelari o l’adozione di comunicazioni processuali mirate, onde evitare ulteriori ricadute mediatiche che possano ostacolare la ricostruzione obiettiva dei fatti.

Prove e testimonianze rappresentano il nucleo della decisione: chat, messaggi, registrazioni, e dichiarazioni di terzi presenti al tempo dei fatti aumentano la solidità di un’ipotesi accusatoria. Il lavoro investigativo privato o la collaborazione con le forze dell’ordine per reperire materiale digitale è frequentemente necessario. L’attenzione degli avvocati si concentra anche sulla catena di custodia delle prove e sulla loro ammissibilità in sede penale, elementi che determinano l’efficacia dell’azione giudiziaria.

Possibili esiti immediati includono il deposito della querela, la richiesta di interventi cautelari di natura processuale o amministrativa, e, in caso di elementi insufficienti, l’archiviazione della denuncia. In parallelo può essere avviata una causa civile per danni reputazionali, la cui trattazione procedurale segue tempistiche diverse e può concludersi con una transazione extragiudiziale qualora le parti optino per una soluzione concordata.

Ruolo dei tempi mediatici nella scelta delle azioni non è trascurabile: la pressione pubblica può accelerare decisioni ma rischia anche di compromettere l’acquisizione di prove oggettive. Per questo motivo i legali privilegiano spesso un approccio prudente e documentale, valutando l’opportunità di rendere pubbliche determinate informazioni solo dopo averne verificato la rilevanza probatoria.

FAQ

  • Quali azioni legali si possono intraprendere? Si può presentare una querela penale e/o avviare una causa civile per danni morali e reputazionali.
  • Quanto tempo richiede l’avvio di indagini? Le prime fasi possono richiedere settimane; per sviluppi più completi servono mesi.
  • Quali prove sono decisive? Messaggi, registrazioni, testimonianze di terzi e ogni documento che verifichi tempistiche e contesti.
  • I legali possono proteggere la privacy delle parti? Sì, attraverso strategie processuali e richieste di riservatezza o azioni mirate per limitare la diffusione.
  • La pressione mediatica influisce sulle decisioni? Può accelerare scelte ma rischia di compromettere la qualità probatoria; i legali tendono alla prudenza.
  • Cosa succede se le prove non sono sufficienti? La denuncia può essere archiviata; resta possibile avviare comunque iniziative civili o ricercare ulteriori elementi probatori.
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reazioni pubbliche e contesto mediatico

La vicenda ha innescato una reazione pubblica intensa, con un flusso continuo di commenti da parte di media, personaggi pubblici e utenti social che contribuiscono a modellare l’agenda informativa. Le conversazioni online oscillano tra solidarietà verso le presunte vittime, richieste di chiarimenti e attacchi difensivi a tutela della reputazione di Alfonso Signorini. Questa polarizzazione condiziona non soltanto la percezione del caso ma anche le strategie comunicative delle parti coinvolte, che misurano con attenzione ogni intervento pubblico per non compromettere le possibili vie giudiziarie.

Nel dibattito entrano poi commenti professionali e istituzionali: giornalisti, giuristi e opinionisti richiedono l’accertamento rigoroso dei fatti, sottolineando l’importanza di separare la rilevanza mediatica dall’esito delle indagini. Le testate nazionali hanno dato ampio risalto alle dichiarazioni rilasciate da Leonardo D’Erasmo e dai legali di altre parti offese, amplificando il confronto tra chi invoca chiarezza e chi mette in guardia rispetto a conclusioni affrettate basate su rumor o materiale non verificato.

La dimensione social alimenta dinamiche di pressione e sostegno: hashtag, post e dirette contribuiscono a veicolare versioni contrastanti e, talvolta, a diffondere contenuti non verificati. Questa sovrapposizione di fonti richiede una lettura critica dei fatti e un controllo accurato delle prove, poiché la viralità può accelerare giudizi sommari e determinare danni reputazionali anche prima dell’avvio di un procedimento formale.

Sul fronte delle personalità pubbliche, alcuni ex gieffini e volti noti hanno espresso posizioni divergenti, mentre altri hanno preferito la riservatezza, scelta strategica per evitare di essere travolti dalla contesa mediatica. L’adesione pubblica di figure influenti può influenzare l’opinione pubblica e spingere la procura o gli organi informativi ad approfondire, ma non sostituisce il ruolo delle indagini tecniche svolte dalle autorità competenti.

Infine, il contesto mediatico ha sollevato questioni sulle pratiche di selezione e tutela dei concorrenti nei programmi televisivi, spingendo a dibattere non solo sul caso singolo, ma anche su eventuali responsabilità aziendali e protocolli di sicurezza nei casting. Il confronto pubblico, oltre a mantenere alta l’attenzione sulle eventuali vittime, sollecita anche una riflessione sulle procedure interne delle produzioni e sulle garanzie offerte a chi partecipa a format televisivi.

FAQ

  • Come hanno reagito i social al caso? I social hanno amplificato dibattiti contrastanti, con messaggi di solidarietà, attacchi difensivi e diffusione di contenuti non sempre verificati.
  • Che ruolo hanno i media tradizionali? Hanno contribuito a informare e a sollevare questioni giuridiche e procedurali, ma anche a polarizzare l’opinione pubblica attraverso coperture intensive.
  • Le dichiarazioni di personaggi pubblici possono influenzare le indagini? Possono esercitare pressione mediatica ma non sostituiscono le verifiche tecniche e le decisioni della Procura.
  • Quali rischi comporta la viralità delle notizie? Diffusione di informazioni non verificate, giudizi sommari e possibili danni reputazionali prima dell’accertamento giudiziario.
  • Cosa solleva il dibattito sulle produzioni televisive? Domande sulla selezione dei concorrenti, sulle tutele offerte e sui protocolli per prevenire abusi e pressioni nei casting.
  • Perché alcuni protagonisti mantengono la riservatezza? Per proteggere la propria posizione legale, evitare strumentalizzazioni mediatiche e consentire verifiche probatorie accurate.
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