Esclusi dal nuovo concistoro di Bergoglio: chi sono e perché non sono stati scelti
Ecco chi sono gli esclusi dal nuovo concistoro di Bergoglio
Il decimo concistoro di Papa Francesco, previsto per il prossimo 7 dicembre, vedrà la creazione di 21 nuovi cardinali, tutti elettori con l’eccezione di uno. Mentre ci si prepara per questo importante evento, emergono le absentei di alcune figure di spicco che sollevano interrogativi e riflessioni. La selezione dei nuovi membri del sacro collegio, oltre a suscitare entusiasmo per le nomine, porta con sé inevitabilmente anche delusione per chi non è stato incluso nella lista.
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Cominciando dal panorama italiano, si fa notare l’assenza di nomi illustri come monsignor Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano, e monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia. Entrambi hanno svolto ruoli significativi nella Chiesa, ma non sono stati selezionati per ricevere la berretta rossa. Inoltre, la sorpresa emerge con l’esclusione di monsignor Domenico Battaglia, l’arcivescovo di Napoli, noto per il suo impegno attivo nelle questioni pastorali allineate con l’agenda di Bergoglio. Il fatto che anche altri prelati di alto profilo come l’arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli, e quello di Palermo, Corrado Lorefice, non siano stati chiamati solleva domande sulle linee guida seguite dal Papa per queste nomine.
Un’attenzione particolare va rivolta alla figura di monsignor Luc Terlinden, arcivescovo di Malines-Bruxelles. Nonostante fosse considerato un candidato probabile per il nuovo concistoro, il suo nome non ha trovato posto nella lista. Le speculazioni riguardo alla sua esclusione sono molte, soprattutto in seguito alle polemiche nate durante il recente viaggio del Papa in Belgio, dove il premier Alexander De Croo e membri del mondo accademico hanno sollevato critiche visibili nei confronti della leadership ecclesiastica.
Queste assenze non riguardano solo il contesto italiano, ma pongono in evidenza una questione più ampia che riguarda la rappresentanza globale all’interno del sacro collegio. Concludendo, la composizione di questo concistoro offre un quadro della sensibilità del Papa nei confronti di una Chiesa più giovane, mentre al contempo evidenzia la continuità delle esclusioni di alcune voci significative che potrebbero rappresentare un rovescio della medaglia nella prospettiva di un collegio cardinalizio più inclusivo.
Italiani esclusi dal concistoro
In attesa del decimo concistoro di Papa Francesco, che avrà luogo il 7 dicembre, si delineano chiare assenze tra i prelati italiani, evidenziando una volta di più le scelte del Papa e le loro implicazioni. Mentre c’è attesa per l’ingresso di 21 nuovi cardinali, non mancano figure di notevole rilievo che non sono state incluse nella lista. Tra questi, spiccano nomi come monsignor Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano, e monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia. Entrambi hanno avuto missioni rilevanti per la Chiesa, ma nonostante ciò, non riceveranno la berretta rossa, il che porta a interrogarsi sulle motivazioni dietro tali esclusioni.
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Un’assenza che ha colto di sorpresa è quella di monsignor Domenico Battaglia, l’arcivescovo di Napoli, che si è distinto per il suo impegno nelle questioni pastorali ed una particolare affinità con l’agenda di Francesco. Il panorama delle esclusioni non si esaurisce qui, poiché anche altre figure significative come monsignor Gherardo Gambelli, noto per essere un arcivescovo “missionario” di Firenze, e monsignor Corrado Lorefice di Palermo, rimarranno escluse dalla porpora. Queste scelte pongono interrogativi sul criterio di selezione e sulla direzione che Bergoglio intende dare al sacro collegio.
Inoltre, si è notato un certo scetticismo nei confronti di monsignor Luc Terlinden, arcivescovo di Malines-Bruxelles, il cui nome è stato dato per certo in circoli ecclesiastici come candidato papabile. La sua esclusione ha suscitato diverse speculazioni, alimentate dal recente viaggio del Papa in Belgio. In quell’occasione, il primo ministro Alexander De Croo ha pubblicamente criticato la leadership ecclesiastica, il che ha sollevato domande circa le relazioni tra la Santa Sede e le autorità belghe. Questo contesto ha portato a ritenere che le scelte papali possano riflettere una volontà di distaccarsi da figure percepite come problematiche.
L’assenza di queste figure chiave indica che, nonostante l’importanza di una Chiesa più giovane e dinamica, ci sono delle linee di demarcazione nel panorama ecclesiastico italiano, le quali sfidano l’idea di una reale inclusione. La composizione del concistoro sarà rappresentativa non solo delle direzioni spirituali che il Papa intende seguire, ma anche delle dinamiche politiche all’interno della Chiesa, che non possono essere ignorate. L’epicentro di queste esclusioni sembra risiedere in un equilibrio delicato tra tradizione e rinnovamento, una sfida continua per Bergoglio mentre si avvicina alla sua decima creazione cardinalizia.
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Assenze significative e sorprese
All’imminente decimo concistoro di Papa Francesco, che si terrà il 7 dicembre, le assenze di alcuni prelati stanno suscitando discussioni vivaci tra gli osservatori del mondo ecclesiastico. Non solo l’elenco dei nuovi cardinali evidenzia l’ingresso di figure giovanili nei ranghi cardinalizi, ma ha messo in evidenza anche alcune esclusioni che hanno lasciato sorprendentemente a bocca aperta molti. A partire dalla scena italiana, si nota immediatamente la mancanza di nomi noti, tra cui monsignor Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano, e monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, i quali nonostante la loro importanza nel panorama ecclesiastico, non riceveranno la berretta rossa.
Particolarmente sorprendente è stata l’assenza di monsignor Domenico Battaglia, noto arcivescovo di Napoli, che ha sempre dimostrato un forte impegno nel perseguire le linee pastorali sostenute da Papa Francesco. La sua esclusione ha sollevato interrogativi non solo sulle scelte personali del Pontefice, ma anche sulla direzione futura della Chiesa. Anche altri prelati di spicco come monsignor Gherardo Gambelli, che proietta la sua figura come “missionario” arcivescovile a Firenze, e monsignor Corrado Lorefice di Palermo, falcidiati dall’assenza della porpora, dimostrano le dinamiche interne alla gerarchia ecclesiastica che, frequentemente, non seguono una logica evidente ai più.
Entrando nel merito delle esclusioni, emerge un elemento di sorpresa significativo riguardo a monsignor Luc Terlinden, arcivescovo di Malines-Bruxelles. Considerato uno dei candidati privilegiati per il nuovo concistoro, la sua mancanza nella lista ufficiale ha generato non poche speculazioni. La sua omessa nomina è associata a controversie recenti legate al viaggio di Papa Francesco in Belgio, durante il quale la leadership ecclesiastica ha subito critiche aperte da parte del primo ministro Alexander De Croo, nonché contestazioni provenienti dal mondo accademico. Tali eventi hanno potuto influenzare le scelte del Pontefice, che potrebbe aver deciso di prendere le distanze da figure percepite come problematiche.
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Queste assenze significative offrono una visione della strategia adottata da Francesco, evidenziando il suo desiderio di rinnovare e ringiovanire il sacro collegio, ma anche le complesse dinamiche di potere e rappresentanza all’interno della Chiesa. L’appetito di rinnovamento non può ignorare le radici e le tradizioni, e le scelte papali si riversano in un delicato equilibrio tra progresso e continuità. Innanzitutto, le esclusioni devono essere lette nel contesto di un viaggio di trasformazione che Francesco intende intraprendere, sfidando le convenzioni per abbracciare una Chiesa più giovane, ma sempre con un occhio vigile sulle realtà concrete del suo operato.
Lovanio e le sue conseguenze
Il caso di monsignor Luc Terlinden, arcivescovo di Malines-Bruxelles, segna un momento significativo nelle dinamiche ecclesiastiche attuali, soprattutto in relazione al prossimo concistoro di Papa Francesco. Era ampiamente atteso che Terlinden, noto per il suo approccio moderno e progressista, ricevesse la berretta rossa, specialmente considerando il suo legame con i precedenti cardinali che hanno diretto la diocesi, noti per la loro vicinanza al Pontefice. La sua esclusione, avvenuta senza preavviso, ha suscitato interrogativi quanto mai rilevanti, accentuati dal complesso contesto politico e sociale belga che ha caratterizzato l’ultimo viaggio papale in Belgio.
Durante questa visita, il Papa ha affrontato una serie di contestazioni che hanno messo in evidenza le tensioni esistenti all’interno della Chiesa e le sue interazioni con le istituzioni statali. Le accuse provenienti dal primo ministro Alexander De Croo, unite alle critiche espresse da esponenti accademici e studenti dell’Università Cattolica di Lovanio, hanno creato un’atmosfera di difficoltà per la gerarchia ecclesiastica. Queste situazioni, evidentemente imbarazzanti per il Vaticano, potrebbero aver giocato un ruolo cruciale nella decisione di non includere Terlinden nella lista dei nuovi cardinali. Una simile manovra potrebbe riflettere un tentativo di mantenere una certa distanza dalle figure associate a controversie pubbliche e a dinamiche interne di protesta.
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L’assenza di Terlinden, quindi, non è solo un semplice vuoto nel nuovo sacro collegio, ma un segnale delle sfide che la Chiesa cattolica si trova a fronteggiare, bilanciando tra tradizioni consolidate e necessità di rinnovamento. La scelta di Francesco di non nominare una figura che sarebbe potuta essere un punto di riferimento in un periodo di crisi per la Chiesa in Belgio suggerisce una strategia volta a evitare ulteriori tensioni e a prediligere una composizione cardinalizia più in linea con le sue attuali priorità pastorali.
Allo stesso tempo, si può osservare un significativo cambiamento nella rappresentanza di figure che provengono da contesti di maggiore stabilità, piuttosto che da ambienti dove le dinamiche politiche si intrecciano con le questioni religiose. In tal senso, la lontananza di certi candidati è emblematico della volontà papale di dirigere l’attenzione verso una Chiesa più giovane, talvolta a scapito di voci consolidate, ma che portano con sé una serie di implicazioni complesse e potenzialmente controverse. Pertanto, si prospetta che la storia del concistoro non sia solo una mera successione di nomine, ma un riflesso della realtà ecclesiastica mondiale e delle strategie di governo adottate senza esitazioni da Francesco.
Scarsa rappresentanza africana e tedesca
Uno degli aspetti più evidenti e discutibili dell’imminente decimo concistoro di Papa Francesco è la netta scarsità di rappresentanza dalla Chiesa dell’Africa subsahariana e dalla Chiesa tedesca. Mentre nell’elenco dei nuovi cardinali figura un solo rappresentante dell’Africa occidentale, monsignor Ignace Bessi Dogbo, arcivescovo di Abidjan, è difficile non notare l’assoluta assenza di figure tedesche. La selezione ha destato stupore e una certa preoccupazione, considerando il continuo dibattito interno alla Chiesa tedesca, specialmente in merito al cammino sinodale intrapreso negli ultimi anni.
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Da un lato, la scelta di includere un solo cardinale africano potrebbe riflettere una strategia di accentramento, mirata a evitare la polarizzazione delle voci all’interno del sacro collegio. Tuttavia, vi è chi interpreta questa decisione come un segnale di scarsa considerazione verso le sfide e le realtà culturali dell’Africa, una realtà che, in termini di crescita esponenziale e vitalità della fede, continua a ricoprire un ruolo sempre più centrale all’interno della Chiesa cattolica. Ignace Bessi Dogbo rappresenta quindi un’eccezione piuttosto che una regola in un contesto che, altrimenti, appare squilibrato.
Il panorama tedesco appare ancor più preoccupante, poiché si constata che, negli undici anni di pontificato di Francesco, non è stato creato alcun cardinale proveniente dalla Germania, con l’eccezione di Gerhard Ludwig Müller. Egli, noto per le sue posizioni critiche nei confronti del papa, rappresenta un’eccezione a una linea di approccio più progressista sostenuta da molti. La Chiesa tedesca sta attraversando un periodo di intenso dibattito su questioni di riforma e modernizzazione, e l’assenza di una rappresentanza significativa nel sacro collegio potrebbe ridurre ulteriormente l’influenza di queste istanze nel dialogo con la Santa Sede.
Questa mancanza di nomine può essere letta come un tentativo di Papa Francesco di normalizzare le relazioni con le varie diocesi, evitando così di enfatizzare le divergenze emerse durante il cammino sinodale tedesco, considerato da alcuni come un’agenzia di cambiamento troppo radicale e potenzialmente divisiva. Nonostante le voci in favore di trasformazioni, la scelta di escludere i leaders tedesche conferma una scelta più cauta, che tiene conto delle tensioni interne e delle controverse posizioni assunte, in particolar modo riguardo a questioni come l’ordinazione di diaconi donne e le benedizioni per le coppie omosessuali.
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Queste dinamiche denotano quanto le scelte di Francesco possano influenzare la composizione del sacro collegio, rivelando le sfide con cui la Chiesa si confronta oggi, in particolare in un contesto globale in cui le domande di rinnovamento si scontrano con antiche tradizioni e resistenze. Il futuro del sacro collegio, così come la direzione pastorale futura, potrebbero dunque essere condizionati da questa mancanza di rappresentanza africana e tedesca, alimentando interrogativi sull’inclusività delle prossime nomine cardinalizie e sull’equilibrio necessario al fine di fronteggiare le sfide globali attuali.
Il futuro del sacro collegio
Le recenti nomine e le esclusioni nel sacro collegio di Papa Francesco segnano una fase di transizione significativa all’interno della Chiesa cattolica. Con l’arrivo del decimo concistoro, si possono osservare chiaramente la strategia e le intenzioni del pontefice nel ridisegnare il panorama ecclesiastico. I 21 nuovi cardinali scelti, prevalentemente giovani e orientati verso una pastorale attiva e un rinnovamento del ruolo della Chiesa, sono emblematici di un futuro che si preannuncia dinamico e diversificato, ma al contempo segnalano una rottura con figure consolidate e di grande prestigio.
La composizione del nuovo sacro collegio sembra propensa a rispecchiare una Chiesa che desidera coniugare modernità e tradizione, rompendo con alcune abitudini consolidatesi nel tempo. Tuttavia, l’assenza di voci provenienti da contesti di esperienza consolidata, come quelle già citate di monsignor Mario Delpini e monsignor Francesco Moraglia, solleva interrogativi sul futuro della Chiesa in termini di responsabilità e guidabilità. La scelta di privilegiare cardinali con visioni forse più avanguardistiche potrebbe apportare un rinnovamento necessario, ma presenta anche il rischio di una mancanza di equilibrio che potrebbe generare conflitti interni.
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Un elemento centrale nella riflessione riguardo al futuro del sacro collegio è la questione della rappresentanza. La decisione di limitare il numero di cardinali provenienti da contesti attualmente in fermento, come quello tedesco e quello africano, suggerisce una strategia che mira a prevenire tensioni e contrasti delle diverse agende pastorali. Questo approccio potrebbe favorire una maggiore armonia all’interno del collegio, ma al contempo alimenta una certa preoccupazione rispetto a come le sfide globali saranno affrontate senza una adeguata rappresentanza di voci articolate e diverse.
In questo contesto, Francesco sembra orientato a perseguire un ideale di rinnovamento che possa abbracciare la diversità generazionale e culturale. Tuttavia, sarà fondamentale monitorare se questo rinnovamento potrà realmente tradursi in una maggiore inclusività e partecipazione all’interno della Chiesa. La costruzione del futuro del sacro collegio dipenderà, in ultima analisi, dalla capacità di conciliarsi con le attese di riforma e inclusione, senza ignorare l’importanza di esperienze e saggezza accumulata nel tempo. Un equilibrio che, se raggiunto, potrà indubbiamente rafforzare la Chiesa cattolica di fronte alle sfide del XXI secolo.
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