Enzo Iacchetti racconta la vita con Giobbe Covatta e rifiuta il successo
Il no alla Rai
Enzo Iacchetti ha sempre avuto un approccio distintivo nei confronti della sua carriera, caratterizzato da scelte consapevoli. Non è mai stato un artista che ha inseguito il successo a tutti i costi. Proprio per questo, ha rifiutato numerose offerte, anche di grande peso, da parte della Rai. In un periodo in cui Striscia la notizia raggiungeva picchi di 12 milioni di telespettatori, le proposte della Rai erano allettanti: promettevano di dividere Iacchetti dal suo partner di successo, Ezio Greggio, offrendogli somme doppie rispetto a quanto guadagnava. Tuttavia, l’attore si è sempre ritenuto un uomo di fede, capace di mantenere le sue convinzioni e di non tradire affetti e legami. La sua risposta a tali offerte è stata chiara: “Che me ne frega del doppio, se sto bene dove sono?” Questo riflette non solo una principiale etica professionale, ma anche una serenità interiore che ha scelto di coltivare.
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L’atteggiamento di Iacchetti evidenzia un punto fondamentale: per lui, la popolarità non è un fine, ma un mezzo attraverso cui esprimere il proprio talento. La sua decisione di rimanere a Striscia, nonostante proposte più vantaggiose, è testimonianza di un legame profondo con il programma e una lealtà verso una carriera che gli ha offerto soddisfazioni. La fama, quindi, è stata raggiunta non con la frenesia, ma attraverso scelte ponderate, dimostrando che il valore di un artista risiede anche nel discernimento delle opportunità da perseguire.
Gli ascolti di Striscia
Attualmente, la situazione di Striscia la notizia è cambiata notevolmente rispetto ai suoi anni d’oro, quando il programma conquistava ben 12 milioni di telespettatori. In questo contesto, Pier Silvio Berlusconi ha sollevato interrogativi riguardo alla continuità del programma di Antonio Ricci. L’artista, consapevole dello stato attuale delle cose, osserva che prendere una decisione alternativa non sarà per nulla semplice, considerando anche il legame con i telespettatori fedeli. Tuttavia, Iacchetti sottolinea un aspetto positivo: dalla sua e di Ezio, gli ascolti hanno mostrato un sensibile miglioramento dal loro ritorno, segno che il duo è ancora in grado di attrarre l’attenzione del pubblico.
Durante un’intervista, Iacchetti ripercorre l’inizio della sua avventura a Striscia, un periodo in cui si vociferava di possibili cambiamenti nella conduzione. La fiducia nel programma e nel suo format lo portò a prendere delle decisioni rapide: iniziò con un contratto di una settimana, poi lo estese a un mese, fino a diventare un pilastro del programma dopo 31 anni. Riflessioni su quest’arco di tempo lo portano a considerare la sua evoluzione professionale: «Ero “quello che va da Costanzo”, con Striscia mi riappropriai del mio nome». Così, il programma non solo ha segnato la sua carriera, ma ha anche consentito a Iacchetti di definire la propria identità televisiva, rinforzando il legame tra conduttore e pubblico.
Iacchetti non esita a riconoscere il contributo che figure del calibro di Maurizio Costanzo hanno avuto nel suo percorso, definendoli figure chiave che si sono preoccupate anche degli aspetti più personali della sua vita. Questo supporto ha giocato un ruolo determinante, rendendo l’esperienza di Striscia una parte fondamentale del suo percorso artistico e personale.
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Gli esordi
Gli inizi della carriera di Enzo Iacchetti non sono stati affatto semplici. In un contesto artistico giovane e competitivo, Iacchetti si trovò a vivere in un piccolo appartamento condiviso con Giobbe Covatta, dove la vita quotidiana era segnata da un’instabilità economica e professionale. Erano tempi in cui si esibivano in piccole location, come night club e pizzerie, affrontando il pubblico che, talvolta sopraffatto dall’azzardo di un cabaret, non si mostrava particolarmente benevolo. «Ti tiravano crostoni di pizza e mozziconi», ricorda Iacchetti, sottolineando la durezza di un mestiere che richiedeva resistenza e tenacia. La sfida principale era non solo quella di intrattenere, ma anche di rimanere fermi nei propri intenti, nonostante il pubblico potesse facilmente sminuire l’impatto delle esibizioni.
Iacchetti parlava di come fosse fondamentale guadagnarsi almeno un applauso per evitare di tornare a casa a mani vuote, un concetto che nutriva la sua determinazione. Frasi come “niente applausi, niente soldi, e io come la nutro la creatura?” rappresentano non solo la sua lotta per la sopravvivenza, ma anche l’intenso legame affettivo verso il suo ruolo di padre. Quell’approccio pragmatico lo portò a fare di ogni esibizione un’opportunità non solo di intrattenimento, ma anche di crescita personale e professionale, servendo come una vera e propria scuola per la generazione di cabarettisti di cui oggi è parte integrante.
In un’intervista, Iacchetti condivide il suo passato di bambino introverso e ubbidiente, un contrasto che emergeva ogni volta che saliva sul palco. Anche se lontano dai riflettori, mantiene una natura schiva e riservata. Questa ambivalenza ha senza dubbio alimentato la sua passione per l’arte da palcoscenico, portandolo, infine, a scoprire una vocazione che, all’inizio, era più orientata verso il canto, ispirata dai grandi della musica come Adriano Celentano. Le radici della sua carriera, pertanto, non sono solo di natura comica, ma si intrecciano con una profonda passione per la performance e la capacità di emozionare il pubblico.
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