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Elkann e l’eredità di Marella: nel decreto del gip si evincono gli artifizi per nascondere il denaro al fisco?

  • Redazione Assodigitale
  • 24 Settembre 2024
Elkann e l'eredità di Marella: svelati trucchi e inganni nel decreto del gip

Riflessioni sull’eredità di Marella Caracciolo

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Due trust fittizi alle Bahamas, donazioni false di gioielli e preziosi per 170 milioni, una complessa strategia architettata per “rendere più pingue” il già cospicuo patrimonio di Marella Caracciolo e, possibilmente, sfuggire alle maglie del fisco italiano e alle pretese della figlia Margherita.

Indice dei Contenuti:
  • Elkann e l’eredità di Marella: nel decreto del gip si evincono gli artifizi per nascondere il denaro al fisco?
  • Riflessioni sull’eredità di Marella Caracciolo
  • La strategia dei trust e delle donazioni
  • Il ruolo del libro “Ho coltivato il mio giardino”
  • Accuse e difese dei nipoti Elkann
  • Implicazioni fiscali e legali dell’inchiesta


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Questo raccontano le cento pagine del decreto con cui il gip del tribunale di Torino Antonio Borretta ha disposto il maxi-sequestro di 74,8 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta che ruota intorno all’eredità di Gianni Agnelli.

Una costruzione faraonica che per quasi dieci anni, secondo l’accusa, ha richiesto l’impegno, in Italia e all’estero, di un piccolo esercito di familiari, avvocati, commercialisti, segretarie e collaboratori domestici.


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Tutti uniti per il perseguimento di un unico obiettivo: fingere che Marella risiedesse stabilmente in Svizzera anziché a Torino, così da tutelare la validità del testamento – redatto secondo il diritto elvetico – in cui escludeva Margherita dalla successione indicando come unici eredi i tre nipoti John, Lapo e Ginevra.

La strategia dei trust e delle donazioni

A puntellare questa impalcatura, secondo i pm, sono stati creati diversi trust fittizi alle Bahamas. Tra questi, spiccano “The providenza settlement” e “The providenza II settlement”, istituti concepiti per spostare e gestire i beni ereditati da Marella alla morte del marito, Gianni Agnelli.

Un patrimonio che si aggira intorno agli ottocento milioni di euro, convertito in quote di un fondo lussemburghese. Tali manovre avrebbero avuto come fine ultimo il tentativo di scappare alle pesanti tasse di successione italiane e ai diritti della figlia Margherita.

Secondo l’indagine, però, il tentativo di eludere il fisco non finisce con la creazione di trust. È emerso, infatti, che dopo la scomparsa di Marella, avvenuta nel febbraio del 2019, i beni sono stati trasferiti ai nipoti, i quali avrebbero ingegnerizzato una serie di donazioni false, camuffando opere d’arte e gioielli dal valore di 170 milioni di euro come semplici regali da parte della defunta.

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L’accusa ha identificato una strategia mirata in cui ogni trasferimento di beni era giustificato da occasioni di celebrazione, come compleanni o ricorrenze familiari. In questo modo, la spartizione dell’eredità post mortem è apparsa come una successione pianificata e legittima.

In particolare, un documento risalente al 10 settembre 2019 sarebbe stato redatto proprio per supportare tale strategia, associando ogni “regalo” a specifiche ricorrenze. Tra questi beni figurano opere d’arte e gioielli di ingente valore, incluso un paio di orecchini con diamanti da 78 milioni di euro donati alla nipote Ginevra.

Le manovre, quindi, non solo volevano preservare il patrimonio familiare da un eccessivo prelievo fiscale, ma anche favorire una successione che escludesse la figlia Margherita, ereditiera secondo le volontà del testamento redatto in territorio svizzero.

Il ruolo del libro “Ho coltivato il mio giardino”

A puntellare questa impalcatura, secondo i pm, contribuì anche la pubblicazione di un libro, “Ho coltivato il mio giardino” (titolo inglese The last swan) uscito nel 2014 per i tipi di Adelphi. L’accusa ipotizza che l’opera, una excursus sui “luoghi del cuore” dell’anziana donna, sia stata ispirata da John Elkann e fosse “funzionale” al progetto di rafforzare l’idea della residenza fittizia.

Per questo, si legge nel decreto del gip, si arrivò “addirittura a modificare il testo originale” con correzioni e aggiunte: occorreva spiegare e sottolineare che Marella, lasciata St. Moritz perché “l’alta quota non si addiceva più alla sua salute”, aveva trovato casa a Leunen, vicino a Gstaad, “in una bellissima zona dove vivono molti dei suoi amici”.

Tra gli altri accorgimenti, scrivono i pm, si rese necessario “assumere una persona che lavorasse part-time per superare l’impressione che la casa fosse sempre vuota“. Quest’aspetto, evidenziato nelle indagini, ha alimentato l’immagine di una vita attiva e sociale in Svizzera, sostenendo la narrazione secondo cui la residenza di Marella fosse legittima e stabile.

Inoltre, il libro non solo serviva come strumento di promozione dell’immagine di Marella e della sua vita, ma si poneva come una vera e propria strategia per giustificare le operazioni all’estero e le scelte patrimoniali che caratterizzavano il suo vasto patrimonio.

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La narrazione di un’esistenza serena e socialmente attiva in Svizzera si intreccerebbe così con l’obiettivo di apparire in regola con le normative fiscali italiane, distogliendo l’attenzione dalle manovre economiche più discusse e sospette.

La macchina del consenso attorno all’immagine della nobildonna si spiegherebbe quindi come un elemento centrale per sostenere le barriere contro la fiscalità italiana e le rivendicazioni ereditarie della figlia Margherita.

Accuse e difese dei nipoti Elkann

Di fronte alle gravi accuse sollevate dalla Procura, i nipoti di Marella Caracciolo, John, Lapo e Ginevra Elkann, hanno dato vita a una difesa robusta e articolata. I loro legali hanno già annunciato l’intenzione di preparare un ricorso al Riesame, sostenendo che le accuse mosse contro di loro siano infondate. In particolare, affermano di essere estranei alle pratiche illecite ipotizzate, sostenendo che le loro operazioni siano sempre avvenute in ottemperanza alla legge.

In un comunicato, i difensori dei tre fratelli hanno dichiarato che “a fronte dello stillicidio di documenti che dovrebbero essere discussi nelle aule giudiziarie”, la trasparenza è il loro obiettivo. Rinnovano quindi la convinzione di poter dimostrare la loro estraneità alle accuse, enfatizzando che i Elkann hanno sempre assolto ai loro obblighi fiscali e che i loro beni sono “alla luce del sole”.

Questo contrattacco giuridico si concentra soprattutto sulla difesa dell’operato patrimoniale all’interno della famiglia, le cui strategie, secondo i legali, sarebbero state portate avanti in un contesto di piena legittimità e trasparenza, senza alcuna intenzione di evadere il fisco. Reiterano la posizione che il sequestro di beni, stimato in oltre 74 milioni di euro, risulta essere non solo ingiustificato, ma potrebbe configurarsi come una violazione dei diritti dei loro assistiti.

I nipoti si trovano in una posizione delicata, poiché sono coinvolti sia nel rispetto delle volontà testamentarie del nonno Gianni Agnelli, sia nella gestione del patrimonio ereditato da Marella. La complessità della situazione fa sì che ogni mossa, sia difensiva che offensiva, venga attentamente ponderata nell’ottica delle possibili ripercussioni legali e patrimoniali. Infatti, sullo sfondo della battaglia legale, rimane acceso il dibattito sull’ammontare delle donazioni e delle strategie patrimoniali adottate, rendendo l’intera vicenda una questione di rilevanza mediatica e sociale.

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Implicazioni fiscali e legali dell’inchiesta

L’inchiesta sul patrimonio di Marella Caracciolo, con le sue ramificazioni internazionali, solleva interrogativi complessi riguardo alle normative fiscali e alle pratiche legali ricordando come ogni manovra sia attentamente scrutinata dall’autorità. La creazione di trust fittizi, nonché le presunte donazioni camuffate, rappresentano una sfida significativa per l’amministrazione fiscale italiana, che potrebbe considerare queste strategie come tentativi di evasione fiscale.

Le evidenze raccolte, secondo quanto riportato nel decreto del gip, rendono chiara l’intenzione di risparmiare su pesante tasse di successione, un aspetto che non solo ha implicazioni legali, ma comporta anche questioni morali e etiche per tutti gli attori coinvolti.

La Procura di Torino sta cercando di fare luce su diverse transazioni che potrebbero violare non solo il diritto tributario, ma anche altre normative europee relative al trasferimento di beni. Le recenti scoperte, inclusi i trust registrati in paesi a bassa imposizione fiscale, hanno portato a una valutazione approfondita dei bilanci familiari e delle strutture patrimoniali messe in atto dagli Elkann.

La valenza di tali manovre potrebbe configurarsi come una violazione delle leggi fiscali italiane, dando il via a sanzioni severe e alla necessità di un recupero dei tributi eventualmente evasi.

Accanto a ciò, sussistono rilevanti risvolti legali. Le accuse di truffa e falso potrebbero sfociare in responsabilità penali per coloro che hanno orchestrato tali manovre. Gli sviluppi dell’indagine potrebbero anche avere ricadute sul mercato, poiché la reputazione della famiglia Elkann e delle società associate potrebbe subire danni irreparabili.

Questo genera un clima di incertezza, non solo per la famiglia ma anche per gli investitori e i collaboratori attivi nel settore economico, che potrebbero vedere compromessa la loro fiducia nei volti pubblici associati a tali eventi.

In questo contesto, il sistema giuridico italiano si trova di fronte a un test significativo, dove sarà essenziale stabilire una chiara linea di demarcazione tra pratiche fiscali lecite e strategie elusive. Le conseguenze dell’inchiesta, quindi, potrebbero estendersi ben oltre i membri della famiglia coinvolti, chiamando in causa la necessità di un ripensamento delle normative vigenti sui patrimoni e sulla successione, sull’interazione tra legislazione domestica e operazioni internazionali.


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