Egomnia la polemica feroce contro The startup di Alessandro D’Alatri che è solo una parte della campana
AAA Attenzione: Dichiaro subito le mie debolezze. In questo modo sai con quale spirito leggere questa “critica” cinematografica a The Startup. Avrai anche la possibilità di conoscermi un po’ più in profondità. E se vorrai criticarmi anche tu potrai farlo alla fine cercandomi online! Trovi tutti i miei social in fondo accanto alla mia icona. Se per esempio ti è piaciuto o se sei un fan di Egomnia o se sei Achilli o anche se sei d’accordo con me. L’importante è metterti a nudo come sto facendo io ora.
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Io sono un’amante del cinema. Una profonda amante del cinema. Faccio le maratone di serie TV da quando le serie TV ancora non esistevano; più o meno via. Quando Netflix era sull’orlo del fallimento. E le maratone le facevo con i filmoni della vecchia Hollywood. Quelli di 3 ore insomma! Dall’altro lato conosco molto bene ciò di cui il film “The Startup” parla. Conosco l’ecosistema start-up Italia perché l’ho vissuto in prima persona. Per questo motivo so di cosa si può tessere le lodi, così come di cosa bisognerebbe cambiare. E anche velocemente.
Vorrei quindi trattare con te il film “The Startup” secondo questi due punti di vista. Quello cinematografico e quello squisitamente reale. So che non sono paragonabili, né si possono mettere sullo stesso piatto. Tuttavia mi rendo conto che se non entriamo nel vivo di cosa è concretamente Egomnia, questo film potrebbe trarti davvero in inganno. Come le due signore accanto a me che, finito il film, si sono alzate ed hanno dichiarato tronfie: “Beh, se ci hanno fatto un film, vorrà pur dire qualcosa!”.
The startup è cinematograficamente educato
Intendiamoci, una godibilità tutta italiana. Quindi ti prego di non aspettarti nulla di speciale. Ma sì, non ci volevo credere nemmeno io. <ironia_on> E giuro, non sono nemmeno in fase premestruale</ironia_off>. Dunque, lo penso davvero. Non è una casualità! Sembra una storia credibile, quella del piccolo Matteo. Un’idea da far nascere e crescere, spronato dai genitori a dare il massimo per raggiungere i suoi obiettivi.
Sì, ti capisco anche in questo momento. Se stai pensando che la frase “il figlio viene spronato dalla famiglia” non sia tipicamente italiana non ti preoccupare. In the startup si sono rifatti obbligando Matteo a fare l’università decisa per lui. Matteo non ha ancora preso la laurea ad oggi, aprile 2017, quindi via: bastone e carota da entrambe le parti.
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Sullo sfondo si intrecciano alcune storie molto interessanti, specchio di un’Italia innamorata di se stessa. Un’Italia che non ce la fa e che solo Achilli potrà rialzare con la sua idea The Startup da un miliardo di dollari. Peccato che lui sia più innamorato di se stesso. Ma proseguiamo il racconto, dicevo: sullo sfondo della vita di Matteo emergono alcuni personaggi interessanti.
- In primo luogo la storia di suo padre. Licenziato da una multinazionale nonostante fosse un alto responsabile, trova il modo di pagare gli studi e l’idea del figlio. Questo perché non può accettare che anche il figlio diventi “uno di borgata”. Vede quindi in lui il senso di riscatto che la famiglia si merita. Lui è “piùbbello de loro”. Ah già, perché nel cinema italiano noi non ci smentiamo mai: semo tutti romani de roma.
- Il tecnico ingegnere che supporta Matteo nella creazione della piattaforma. Un doppio lavoro con stipendio inesistente. Straordinari mai pagati in uno scantinato pur di pagarsi la seconda laurea. Ma l’importante “non è quante ne hai, bensì l’ateneo in cui le prendi”. Egomnia nasce proprio con questo obiettivo: creare un algoritmo di merito per i disoccupati. Intanto il disoccupato che durante tutto il film caccia le idee più intelligenti e ne sviluppa l’algoritmo viene “assunto” a Partita Iva a “2k mese”, dopo contrattazione. I nuovi poveri senza ferie, assicurazione, potere contrattuale.
- Il figlio di papà che si innamora subito del nuovo giocattolo Matteo. Forse l’unico che lo tratta con un poco di altezzosità. Ha quel qualcosa in più che a Matteo manca: il grano. E gli propone l’unica carriera possibile in Italia: la politica. Matteo rifiuta dal losco ma affascinante individuo tutto ciò che può essere rifiutato lungo l’arco del film. Ancora una volta il nostro eroe si protegge dal male della vita facile e delle malefatte parlamentari. Italia agli Italiani! Ah, no.
Tuttavia finisce una chiavica. Sì, sì: non te lo spoilero, “la vita di Achilli la puoi leggere sui giornali”. Ma solo un film italiano poteva finire così. Cinematograficamente orribile. Ma passiamo oltre:
The Startup non è credibile nella vita.
Punto. Mi dispiace.
Vorrei suggerire a mamme e papà che mi leggono di dire ai propri figli che andrà tutto bene, ma non è così. E vorrei suggerire ai figli che mi leggono che la start-up è il simbolo di una “Italia che si rialza” del vostro oggi. Vi stanno facendo acquistare una menzogna. Ve la stanno facendo comprare con il sudore della fronte dei vostri genitori. Con il capitale lasciato dai vostri nonni!
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Ma se sei un genitore e stai leggendo, beh: sprona costantemente tuo figlio a crescere e studiare. Studiare non significa avere la testa sempre piegata sui libri. La scuola oggi non è solo questo. Anzi: ormai quei libri contengono informazioni già vecchie quando vengono stampate. La vera scuola sta negli smartphone, nei pc, nei tablet. Non negare una rete wi-fi in casa, ma impara per primo come utilizzarla. Impara come studiare attraverso i canali social, come strutturarli per avere informazioni pulite e utili.
Lo so che è dura per te giovine ragazzo accettare mamma e papà. Ma lo abbiamo fatto tutti! Dunque prima di “avere l’idea del secolo”, trova i tuoi spazi in cui confrontarti e testare. Non arrivare impreparato in fatto di vendita e marketing. Trovi tonnellate di materiale, soprattutto in inglese. Studia, applica, controlla i risultati, modifica, ripeti!
The startup è un film dannatamente diseducativo.
Sì perché è una biografia. L’Illustrissimo e Pregiatissimo Achilli lo spamma fra i media della sua bio in Egomnia. Non c’è “riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti puramente casuale” che tenga. Ora ho una vaga idea di cosa voglia dire avere una start-up e finire quotidianamente su riviste, giornali, radio, tv.
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Te lo giuro, mi devi credere: andare sulle riviste non paga un belino! Non ci mandi 20 mila euro al papà.
Lo sai invece cosa paga da matti? Fatturare! Quando arrivi con una idea in testa deve essere una idea che fattura dal giorno zero, perché se fatturi dall’anno uno hai buttato nel cestino 365 giorni. E i giorni non te li ridà indietro nessuno. Piuttosto sbagli 365 volte. Scrivi 365 post. Fai 365 foto. Insomma, muoviti! Ma non aspettare il prodotto perfetto perché non esiste.
In Italia si ha quasi paura a dirlo, ma uno ci deve campare con la start-up. In realtà la start-up (The Startup) non è altro che un nome con cui negli Stati Uniti lanciano le aziende. Punto. Sei un’azienda e devi fare solo una cosa: fatturare. Se non metti il tuo stipendio, sei meno di uno schiavo. Di te stesso!
Ecco la nuova dicitura per Facebook: “Schiavo presso Me Stesso”.
Più soldi avrai, più in fretta li brucerai… Se non sai come muoverti! E no, in questa storia ti assicuro nulla viene raccontato per insegnarti a vivere la vita della start-up. Quando pensi al mondo delle truffe, pensa ad Egomnia, montata come la panna prima di lasciarsi andare. Questa è la vera idea dietro The Startup.
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Non dimenticarti che Matteo Achilli ha aperto un crowdfunding, cioè una raccolta di denaro pubblica per un pubblico vasto, che ad oggi 4 aprile 2017 ha raccolto qualche euro. I suoi. Ha dichiarato centinaia di migliaia di iscritti, ma sia la pagina Facebook dell’azienda che la sua hanno like comprati. E un segno ancora negativo per l’azienda.
Grandi idee e grandi ragazzi in Italia ci sono. Stanno portando avanti grandi progetti, concreti e già realizzati che fatturano gran belle cifre di euro. Con round completati, cioè finanziatori che hanno preso parte al progetto con fiumi di danaro e bottiglie di champagne, di grandi dimensioni. Sicuramente non avranno il PR di Achilli, ma la stampa italiana deve necessariamente comprendere qual è la via su cui muoversi per distinguere la cioccolata da quella cosa di altro colore.
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