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Ecco come Hezbollah è stato colpito con i cercapersone esplosi

  • Redazione Assodigitale
  • 17 Settembre 2024
Ecco come Hezbollah ha usato cercapersone alimentati a batterie al litio

Esplosione dei cercapersone di Hezbollah

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Ospedali sovraccarichi con persone ferite agli arti e alcune in gravi condizioni hanno accolto il risultato di un sorprendente attacco subito da Hezbollah in Libano. Più di mille cercapersone sono esplosi simultaneamente, colpendo chi li portava in tasca. Secondo un funzionario di Hezbollah, i nuovi cercapersone erano alimentati con batterie al litio, che “apparentemente sono esplose”. L’agenzia di stampa statale libanese, National News Agency, ha riportato che l’incidente ha coinvolto i sobborghi meridionali di Beirut e altre zone, causando decine di feriti. Questo attacco ha fatto sorgere interrogativi riguardo il livello di sicurezza delle comunicazioni utilizzate da Hezbollah.

Indice dei Contenuti:
  • Ecco come Hezbollah è stato colpito con i cercapersone esplosi
  • Esplosione dei cercapersone di Hezbollah
  • La tecnologia dietro i cercapersone
  • L’ipotesi di attacco hacker
  • Analisi delle cause delle esplosioni
  • Le conseguenze per Hezbollah e la sicurezza interna


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Le fonti di sicurezza locali confermano che il lotto di cercapersone utilizzato durante l’attacco era stato distribuito di recente ai quadri del partito, suggerendo che quella fosse l’unica attrezzatura disponibile al momento delle esplosioni. Le esplosioni dei cercapersone hanno scosso non solo Hezbollah, ma anche la comunità internazionale, animando discussioni sull’eventualità di un attacco mirato da parte di forze esterne, in particolare Israele. Il movimento libanese ha quindi rivolto le sue accuse verso Israele, sottolineando la peculiarità e l’improvvisa criticità della situazione.

La tecnologia dietro i cercapersone

I cercapersona, un tempo molto utilizzati, offrono un sistema di comunicazione unidirezionale e costituiscono una tecnologia obsoleta rispetto agli attuali smartphone. Questo tipo di dispositivi era progettato per ricevere avvisi, senza la possibilità di rispondere. In Italia, funzionavano su una rete radio dedicata, consentendo di operare in un raggio di circa 30-35 km dalla sorgente del segnale, evidenziando la loro utilità nelle aree remote o in situazioni dove le comunicazioni cellulari erano limitate.


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Nonostante la loro funzionalità, l’uso di cercapersone porta con sé delle vulnerabilità. Le comunicazioni via cercapersone, spesso basate su canali non criptati e su software obsoleti, possono risultare facili prede per attacchi informatici. In un contesto come quello libanese, dove il conflitto è una costante, il rischio di compromettere la sicurezza delle comunicazioni è elevato. I membri di Hezbollah, nel tentativo di eludere il monitoraggio israeliano, avevano introdotto i cercapersone come alternativa ai cellulari. Tuttavia, questa scelta ha rivelato limiti significativi in termini di sicurezza.

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Un ulteriore aspetto da considerare è l’alimentazione dei cercapersone. La loro dipendenza da batterie al litio può, in determinate condizioni, riservare sorprese. Queste batterie, se surriscaldate, sono soggette a esplosioni a causa di reazioni chimiche pericolose, come il fenomeno del thermal runaway. In situazioni in cui il dispositivo riceve un impulso anomalo o viene soggetto a interferenze ambientali, il rischio di esplosione aumenta notevolmente. In tal senso, la tecnologia di alimentazione è critica per la sicurezza operativa dei dispositivi, sottolineando la fragilità intrinseca di uno strumento che, sebbene pensato per la comunicazione sicura, potrebbe trasformarsi in un pericolo per l’utilizzatore.

L’ipotesi di attacco hacker

Attualmente, gli esperti stanno esplorando due principali ricostruzioni riguardo l’incidente che ha coinvolto i cercapersone di Hezbollah. La prima ipotesi suggerisce che un “messaggio infetto” possa essersi propagato su tutti i dispositivi connessi alla stessa rete, causando un’esplosione simultanea. Questa teoria implica una vulnerabilità nei protocolli di sicurezza implementati per gestire le comunicazioni, che risulta particolarmente preoccupante in un contesto di alta tensione come quello libanese.

La seconda opzione contempla una possibile manomissione dei trasmettitori. Senza questi componenti vitali, i cercapersone non possono funzionare correttamente. Un’interruzione – sia essa causata da un guasto tecnico o da un hackeraggio – potrebbe forzare i cercapersone a utilizzare più energia, con il rischio di surriscaldare le batterie e provocare esplosioni. In questo scenario, un attacco informatico sferebbe un rarefatto esempio di guerra cibernetica che ha conseguenze tangibili su un’infrastruttura fisica.

Il giornalista militare Elijah Magnier ha anche avanzato l’ipotesi di microcariche posizionate all’interno dei cercapersone, suggerendo che la sofisticazione di un simile attacco richiederebbe la cooperazione di più entità. Se l’intelligence israeliana fosse riuscita a compromettere fisicamente i dispositivi forniti a Hezbollah, questo indicherebbe non solo un acceso tentativo di infiltrazione, ma anche l’accesso alla fornitura di materiali militari provenienti dall’Iran. La manomissione di tali dispositivi implica tecniche avanzate, necessitando competenze di alta ingegneria per integrare esplosivi senza compromettere l’elettronica originale.

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Le testimonianze raccolte suggeriscono che alcuni cercapersone si siano surriscaldati prima di esplodere, allertando i membri di Hezbollah, mentre in altri casi messaggi inquietanti sono apparsi sul display. Questo porta a considerare l’eventuale violazione da parte di Israele della sicurezza di Hezbollah come una significativa falla nei protocolli esistenti. La capacità di un avversario di compromettere i mezzi di comunicazione di una milizia ben organizzata pone interrogativi gravissimi sulla sicurezza interna dell’organizzazione stessa.

Analisi delle cause delle esplosioni

Le esplosioni dei cercapersone di Hezbollah hanno suscitato un intenso dibattito sulle dinamiche e le cause subite dall’evento. Diversi esperti, tra cui Elijah Magnier, analista militare, sostengono che la complessità di un attacco di questo tipo richieda un’accurata progettazione e l’implementazione di tecniche avanzate. Magnier ha ipotizzato che l’intelligence israeliana potrebbe aver fisicamente compromesso i cercapersone destinati a Hezbollah, integrando al loro interno microcariche esplosive. Questo scenario implicherebbe una notevole capacità di infiltrazione nelle catene di fornitura,possibilmente accedendo anche a componenti forniti dall’Iran.

Inoltre, la natura delle batterie al litio utilizzate nei cercapersone porta a un’altra linea di indagine. Se surriscaldate, le batterie possono innescare reazioni chimiche che portano all’esplosione attraverso il fenomeno del thermal runaway. Le cause di un surriscaldamento possono includere cortocircuiti, sovraccarichi o esposizione a fonti di calore esterne. In un contesto operativo in cui i dispositivi sono esposti a sollecitazioni ambientali significative, il rischio di un malfunzionamento diventa elevato, mettendo a rischio la sicurezza degli utenti.

Un aspetto critico è rappresentato dalla tempistica e dalle modalità delle esplosioni. Le segnalazioni indicano che in alcuni casi i cercapersone hanno mostrato segni di surriscaldamento prima di esplodere, permettendo a parte dei membri di Hezbollah di allertarsi. In altri, si sono presentati messaggi sui display che potrebbe suggerire un’attivazione remota. Questi dettagli rafforzano l’ipotesi di un attacco deliberato, in grado di sfruttare le vulnerabilità nei protocolli di sicurezza di Hezbollah.

In ultima analisi, le esplosioni rappresentano un’indagine complessa che combina fattori tecnici, strategici e di sicurezza, rivelando potenziali falle nei sistemi di comunicazione di un’organizzazione militare tradizionalmente ben organizzata. La mancanza di una corretta gestione della catena di fornitura e le vulnerabilità strutturali dei dispositivi utilizzati evidenziano la necessità di una revisione approfondita delle politiche di sicurezza interna di Hezbollah.

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Le conseguenze per Hezbollah e la sicurezza interna

Le esplosioni dei cercapersone hanno sollevato interrogativi fondamentali riguardo alla sicurezza interna di Hezbollah, rivelando potenziali vulnerabilità nei protocolli di sicurezza dell’organizzazione. L’incidente ha messo in luce come un avversario, in questo caso Israele, possa minare le comunicazioni di Hezbollah, che fino a questo momento si era considerato un gruppo sufficientemente resiliente in termini di sicurezza delle informazioni.

Un analista militare ha sottolineato che questa situazione rappresenta una “flotta significativa” nei sistemi di sicurezza dell’organizzazione, che storicamente era stata in grado di mantenere un alto livello di riservatezza. La presenza di così tanti esplosivi sui cercapersone implica che ci sia stata una violazione sostanziale nella catena di fornitura di Hezbollah, suggerendo che gli agenti esterni possano aver avuto accesso all’approvvigionamento di dispositivi cruciali. Questo potrebbe configurare una minaccia diretta e potenzialmente letale per i membri di Hezbollah, che molto probabilmente non si aspettavano di essere vulnerabili anche attraverso strumenti di comunicazione apparentemente innocui.

Descritto come un grosso errore, l’incidente ha causato un allerta generale tra i membri del gruppo, molti dei quali potrebbero ora considerare la sicurezza delle loro comunicazioni come un aspetto critico da rivedere. Hezbollah potrebbe essere costretto a implementare controlli più rigorosi sulla propria catena di fornitura e a riconsiderare l’affidabilità dei dispositivi utilizzati per la comunicazione. Inoltre, l’analisi delle vulnerabilità potrebbe stimolare una revisione complessiva delle strategie di comunicazione, inclusi investimenti in tecnologie più sicure rispetto ai cercapersone, per evitare che situazioni del genere possano ripetersi in futuro.

In risposta a queste esplosioni, ci si aspetta che Hezbollah compia sforzi significativi per rafforzare le misure di sicurezza, non solo per tutelare i propri membri, ma anche per mantenere la propria credibilità agli occhi dei sostenitori e alleati. L’organizzazione dovrà affrontare la sfida di affrontare il colpo alla sua immagine di invulnerabilità e di adattare le proprie tattiche per prevenire futuri attacchi che possano compromettere nuovamente la sicurezza interna.


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