Disinformazione e DSA: come il codice di condotta migliora la trasparenza online
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Disinformazione e codice di condotta nel DSA
Il codice di condotta sulla disinformazione, storicamente sviluppato dalla Commissione europea, ha trovato una nuova collocazione nel contesto del Digital Services Act (DSA). Questa evoluzione è significativa, in quanto sottolinea l’importanza crescente di affrontare la disinformazione nell’era digitale. Il codice ha fatto il suo debutto nel 2018, ricevendo un aggiornamento fondamentale nel 2022 con l’introduzione di una versione “rafforzata”. Inizialmente, 34 aziende avevano firmato il codice; oggi, questo numero è salito a 42, con nomi di primo piano come **Adobe**, **Google**, **Meta**, **Microsoft**, **TikTok** e **Twitch**. Tuttavia, è da notare che **X**, precedentemente coinvolta, ha deciso di ritirarsi a maggio 2023, dimostrando che l’adesione è volontaria e soggetta a mutamenti strategici delle piattaforme stesse.
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Le aziende che hanno scelto di firmare il codice, comprese quelle classificate come VLOP (Very Large Online Platform) e VLOSE (Very Large Online Search Engine) secondo le norme del DSA, si impegnano a implementare specifiche misure per attenuare i rischi legati alla disinformazione. Questi impegni vengono progressivamente integrati nel framework giuridico del DSA, con l’obiettivo di garantire che le piattaforme non solo operino in modo responsabile, ma anche che riflettano un impegno autentico nel contrastare la disinformazione. La Commissione europea avrà il compito di monitorare l’aderenza a questi impegni e spartirne i progressi nella lotta contro la disinformazione.
Impegni e misure delle aziende
Le aziende che sottoscrivono il codice di condotta sulla disinformazione si impegnano a implementare una serie di misure importanti, progettate per affrontare e ridurre la diffusione di contenuti falsi e fuorvianti sui loro servizi. Tali impegni non sono solo volontari, ma rappresentano un passo concreto verso la responsabilizzazione delle piattaforme online nella gestione della disinformazione. Ogni azienda firmataria ha la responsabilità di adottare misure pratiche che si articolano in diverse aree chiave, contribuendo in modo significativo a un ambiente informativo più sicuro e affidabile.
Un aspetto cruciale riguarda la **demonetizzazione** dei contenuti disinformativi. Le piattaforme devono lavorare per ridurre gli incentivi finanziari per chi produce e condivide informazioni false. Ciò implica l’implementazione di politiche più rigorose per identificare e limitare la monetizzazione di contenuti fuorvianti, affinché i divulgatori di disinformazione non traggano profitto dalle loro pratiche scorrette. Tale obiettivo si sposa con le azioni di **trasparenza nella pubblicità politica**, dove è fondamentale garantire che gli utenti possano riconoscere facilmente le campagne promozionali attraverso etichettature chiare e accessibili.
- Demonetizzazione: riduzione delle opportunità finanziarie per i produttori di disinformazione.
- Trasparenza nella pubblicità: etichettatura chiara delle informazioni pubblicitarie per il riconoscimento da parte degli utenti.
- Integrità dei servizi: contrasto a comportamenti manipolativi come il uso di bot e account falsi.
- Empowerment degli utenti: fornire strumenti e dati agli utenti e ai ricercatori per identificare la disinformazione.
Un’altra area di focus riguarda la **garanzia dell’integrità dei servizi**. Le aziende sono tenute a implementare misure per limitare l’uso di tecnologie ingannevoli, come bot e deepfake, che possono distorcere la verità e influenzare l’opinione pubblica. Infine, il codice prevede azioni per **dare potere agli utenti e alla comunità di fact-checking**, offrendo strumenti efficaci per il riconoscimento della disinformazione, migliorando l’accesso ai dati e assicurando che le informazioni verificate siano ampiamente diffuse.
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Collegamento tra codice di condotta e DSA
Il collegamento tra il codice di condotta sulla disinformazione e il Digital Services Act (DSA) rappresenta un passo cruciale per garantire che la lotta contro la disinformazione sia non solo un impegno volontario delle piattaforme, ma un requisito normativo ben definito. A partire dal 1 luglio 2025, le aziende che aderiscono al codice di condotta saranno obbligate a rispettare gli impegni stabiliti, integrandoli nella loro operatività quotidiana. Questo legame diretto con il DSA amplifica il peso e l’importanza del codice, rendendo chiaro che il monitoraggio e l’implementazione delle misure non possono essere né trascurati né minimizzati.
Già nel 2022, la Commissione europea ha delineato un quadro normativo che considera la disinformazione una delle sfide principali per il mercato digitale. L’inserimento del codice all’interno del DSA non solo legittima le iniziative contro la disinformazione, ma stabilisce anche un benchmark per la conformità delle aziende. Ogni platform firmataria è ora consapevole che le proprie azioni saranno vigilate e che eventuali inadempienze potranno comportare sanzioni significative. La Commissione avrà il compito di monitorare queste aziende, valutando il loro progresso nell’attuazione degli impegni previsti dal codice, incidendo così sulla loro reputazione e sul loro posizionamento nel mercato.
In questo contesto, è fondamentale sottolineare che le piattaforme non possono più limitarsi a strategie reattive. Devono invece adottare approcci proattivi, investendo risorse e sviluppando strumenti tecnologici che consentano un’efficace gestione della disinformazione. La chiave di questo collegamento è quindi l’allineamento degli interessi delle piattaforme con quelli della società, contribuendo a un ecosistema informativo più sano e sostenibile.
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Aree principali del codice di condotta
Il codice di condotta sulla disinformazione si articola attorno a quattro aree principali, ciascuna rivestendo un’importanza fondamentale per contrastare la diffusione di contenuti errati in un contesto digitale sempre più complesso. La prima area è la **demonetizzazione**, che mira a ridurre gli incentivi economici per i creatori di contenuti disinformativi. Eliminando le possibilità di lucro legate alla creazione e diffusione di notizie false, si disincentiva la produzione di contenuti inaffidabili. Le piattaforme dovranno monitorare attivamente tali pratiche, implementando politiche di investimento che vietino la monetizzazione di contenuti che violano gli standard di verità informativa.
La seconda area concerne la **trasparenza nella pubblicità politica**. Questo aspetto implica una chiara etichettatura delle campagne pubblicitarie, permettendo agli utenti di riconoscere facilmente le pubblicità politiche e le loro origini. La trasparenza è essenziale per garantire che i cittadini possano valutare criticamente le informazioni che ricevono, specialmente in periodi elettorali. Le piattaforme dovranno sviluppare sistemi di segnalazione chiari e accessibili, che diano agli utenti l’opportunità di identificare facilmente la natura delle informazioni promosse.
La terza area riguarda la **garanzia dell’integrità dei servizi**. Le aziende firmatarie sono tenute a implementare misure volte a contrastare pratiche disoneste come l’uso di account falsi, bot automatizzati e tecnologie di deepfake. La presenza di tali strumenti manipolativi mina la fiducia nelle informazioni online e crea un ambiente favorevole alla propagazione di contenuti ingannevoli. Le piattaforme sono quindi chiamate a investire in tecnologie di rilevamento e prevenzione, migliorando il loro sistema di moderazione e soddisfacendo standard rigorosi per la gestione dei contenuti.
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La quarta area è dedicata a **dare potere agli utenti e alla comunità di fact-checking**. Ciò significa fornire strumenti efficaci che consentano agli utenti di riconoscere e denunciare la disinformazione. Le aziende dovranno garantire un accesso più ampio ai dati e promuovere collaborazioni con fact-checkers indipendenti, rendendo disponibile agli utenti una gamma di risorse per il controllo dei fatti. Questa area è cruciale per stimolare un’informazione consapevole e critiche, permettendo alla comunità di giocare un ruolo attivo nella lotta contro la disinformazione.
Ruolo delle piattaforme e impatto sul mercato
Le piattaforme online rivestono un ruolo centrale nella diffusione e nella gestione della disinformazione, svolgendo funzioni che hanno un impatto diretto sui mercati e sulle dinamiche sociali. Con l’integrazione del codice di condotta sulla disinformazione nel Digital Services Act (DSA), è evidente che le aspettative nei confronti di queste aziende stanno cambiando. Non sono più viste unicamente come semplici veicoli di contenuti, ma piuttosto come attori responsabili nella creazione di un ecosistema informativo affidabile e sano. Per questo motivo, i vari impegni previsti dal codice rappresentano non solo un’opportunità, ma un obbligo per le piattaforme di adeguarsi a standard di condotta più elevati.
Il primo aspetto da considerare è l’impatto economico di tali misure. Le aziende che non adempiono agli impegni previsti dal codice potrebbero incorrere in sanzioni, ma potrebbero anche subire un danno reputazionale significativo. Gli utenti sono sempre più consapevoli del valore delle informazioni, e la fiducia nel loro provider ha un impatto diretto sulla scelta di utilizzo. Questo significa che le aziende che diventano sinonimo di disinformazione rischiano di perdere quote di mercato e, di conseguenza, entrate economiche. Pertanto, esiste una chiara correlazione tra aderenza al codice e successo commerciale.
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Inoltre, l’introduzione di misure preventive e di controllo proattivo, come il monitoraggio attivo di contenuti e l’identificazione di account falsi, implica che le piattaforme devono investire nell’adeguamento delle loro infrastrutture tecnologiche. Ciò comporta non solo una spesa iniziale, ma anche un impegno continuo per garantire che le misure siano efficaci e aggiornate, in un contesto in rapida evoluzione. Le aziende più lungimiranti potrebbero usare questo investimento non solo per conformarsi al DSA, ma anche per posizionarsi come leader di settore nella promozione di ambienti online più sicuri e affidabili.
Va sottolineato che le piattaforme non operano in un vuoto. I loro comportamenti e decisioni influenzano ampiamente il panorama competitivo e la percezione del mercato. Un’adeguata gestione della disinformazione non è solo un obbligo normativo, ma rappresenta un’opportunità di differenziazione rispetto ai concorrenti. Le aziende che investono seriamente in queste misure hanno la possibilità di guadagnare la fiducia degli utenti e migliorare la loro reputazione, mentre coloro che non lo fanno potrebbero affrontare sfide crescenti e una diminuzione del supporto degli utenti. In questo contesto, il ruolo delle piattaforme diventa cruciale per disciplinare e gestire efficacemente la disinformazione, non solo come un dovere giuridico, ma come un imperativo strategico per la loro sostenibilità e crescita futura.
Futuro della disinformazione e monitoraggio della Commissione europea
La Commissione europea ha assunto un ruolo fondamentale nel monitoraggio della disinformazione attraverso l’applicazione del codice di condotta integrato nel Digital Services Act (DSA). Questo approccio mira a creare un sistema di sorveglianza robusto e coerente, che non solo stabilisce linee guida precise per le piattaforme, ma garantisce anche un’applicazione efficace e uniforme delle misure concordate. A partire dal 1 luglio 2025, l’implementazione di obblighi specifici da parte delle aziende firmatarie sarà oggetto di valutazione regolare, in modo da assicurare la loro conformità agli standard richiesti.
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Una delle principali funzioni della Commissione sarà quella di monitorare la progressione delle aziende nel rispettare i 44 impegni e le 128 misure previste dal codice. Questo non si limita a controllare i dati forniti dalle piattaforme, ma include anche attività di verifica indipendenti per garantire l’accuratezza delle informazioni presentate. I progressi verranno analizzati e relazionati pubblicamente, permettendo agli utenti e agli altri stakeholder di valutare l’efficacia delle misure adottate.
In aggiunta, la Commissione intende incentivare la cooperazione tra piattaforme, autorità di regolamentazione e organizzazioni di fact-checking. La condivisione di pratiche migliori e l’adozione di tecnologie per il monitoraggio della disinformazione costituiranno elementi chiave nell’approccio collaborativo proposto. Questa rete di interazione più ampia non solo aumenterà l’efficacia contro la disinformazione, ma contribuirà anche a creare una cultura della responsabilità condivisa, dove ciascun attore del sistema possa partecipare attivamente alla salvaguardia della verità informativa.
La Commissione europea intende mantenere un occhio vigile sulle emergenti pratiche di disinformazione, incluse quelle che potrebbero evolversi con il progresso tecnologico. Con il continuo sviluppo della tecnologia, il monitoraggio tempestivo e l’adeguamento delle misure saranno cruciali per affrontare le sfide future. La capacità di adattare le politiche e le applicazioni pratiche in risposta a nuovi fenomeni rappresenterà una componente essenziale della strategia per combattere la disinformazione nell’ambito dell’epoca digitale.
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