Facebook, la Corte UE contro la gestione della privacy USA
Ogni cittadino europeo ha diritto alla tutela legale della propria privacy e la Commissione Ue non può negare il controllo giurisdizionale sul comportamento delle società commerciali e delle autorità pubbliche americane.
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La Corte UE ha aperto ieri ufficialmente il conflitto tra due diversi sistemi giuridici: quello comunitario, in cui la privacy dei singoli cittadini è centrale e intoccabile fino a sospetto di reati, e quello degli Stati Uniti, dove prevalgono le ragioni di sicurezza del Paese.
La sentenza C-362/14 dice una cosa semplicissima: il governo Ue non può privare i suoi cittadini del controllo sulla loro vita “digitale”, su cui deve sempre poter sorvegliare l’autorità giudiziaria, ma le conseguenze di questa decisione portano molto lontano.
Il caso nasce dalla crociata personale di un giovane avvocato austriaco (Maximillian Schrems) contro Facebook: il social network, secondo Schrems, quando trasferisce i dati digitali dai server irlandesi a quelli americani, li metterebbe seriamente a rischio di profilazione da parte della National security agency.
Per la Corte UE questa libertà di manovra delle autorità pubbliche americane «che possono accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche, deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata».
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E c’è anche un altro motivo per il quale i giudici del Lussemburgo hanno bocciato il governo comunitario: il cittadino del vecchio continente deve poter avere sempre a disposizione «rimedi giuridici diretti ad accedere ai dati personali che lo riguardano o ad ottenerne la rettifica o la cancellazione», aprendo la strada al gigantesco tema della difesa del singolo contro il Grande fratello globale.
Difesa che, conclude la Corte, deve poter avvenire dentro il proprio stato di residenza, attraverso una pronuncia del proprio governo o comunque attraverso un’indagine accurata della magistratura.
Ma una cosa comunque è certa, argomentano i giudici: la Corte Ue «non aveva la competenza di limitare», come ha fatto nel 2000, «i poteri delle autorità nazionali di controllo».
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Da oggi è ufficialmente aperta la partita della difesa della privacy digitale sulle due sponde dell’Atlantico. Una partita che riguarda oltre 4.000 aziende, e non solo le native digitali.
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