Come le App ti fregano il credito telefonico dello smartphone: attenzione ai servizi a pagamento nascosti
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Avere uno smartphone ormai non è più una novità, la diffusione di questi device è talmente alta che sono veramente pochi i consumatori che ancora non si sono adeguati al trend, preferendo non acquistare uno dei cellulari di ultima generazione.
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In più i piani tariffari di Vodafone, Tim o wind che propongono smartphone inclusi in un’offerta che comprende anche sms, chiamate e internet invogliano ulteriormente all’acquisto.
Migliaia sono anche le app gratis disponibili negli store online, capaci di soddisfare praticamente ogni esigenza e necessità sia di svago sia di lavoro. Soprattutto se si scelgono smartphone iOs o Android, la quantità di app gratis è veramente immensa.
È però da segnalare il fatto che una grossa fetta delle app gratis è composta da giochi, usati indifferentemente da adulti e bambini. Proprio le app gratis dei giochi sono finite infatti sono la lente d’ingrandimento di Altroconsumo.
Anche in questo mercato delle app gratis, apparentemente senza spese per il consumatore, Altroconsumo è riuscita a svelare l’inghippo. L’Associazione ha addirittura segnalato all’Antitrust i due colossi informatici Apple e Google per alcune pratiche ingannevoli che riguardano proprio le app gratis, così popolari sugli smartphone e sui tablet degli italiani.
Una volta scaricata l’app gratis e in particolare il gioco gratuito dagli store di Apple o Google Play, infatti, ci si accorge che per proseguire a utilizzare l’app gratis sono necessari componenti, accessori o attrezzi indispensabili rigorosamente a pagamento. Questi, definiti acquisti in-app, vengono effettuati direttamente all’interno dell’app gratis con addebiti reali sulla carta di credito associata allo smartphone. Per quello che riguarda i giochi spesso si tratta di “monete” o altro oggetti indispensabili per sbloccare nuovi livelli e proseguire a giocare.
Altroconsumo considera tale pratica commerciale inserita nelle app gratis aggressiva, oltre che in contrasto con una precisa norme del Codice del Consumo: a effettuare questi acquisti sarebbero infatti soprattutto bambini all’insaputa dei genitori; «il primo grande rischio – sottolinea l’articolo di Altroconsumo – è che sia il minore ad acquistare all’insaputa dei genitori questi componenti virtuali con soldi veri.
«Sia Apple che Google, infatti – prosegue Altroconsumo – offrono (per comodità) la possibilità di acquistare o scaricare dagli store ciò che si vuole senza dover inserire nuovamente la password di sicurezza per un lasso di tempo determinato dopo il primo acquisto». Inoltre inserire l’invito all’acquisto proprio nei giochi più frequentati da una clientela giovanissima sarebbe una pratica doppiamente aggressiva e scorretta.
Invitare direttamente il bambino a comprare il prodotto senza il controllo di un adulto, infatti, rappresenta «una tecnica di manipolazione chiaramente illecita perché è compresa tra le pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive. Il Codice del Consumo – continua Altroconsumo – fa rientrare in queste pratiche anche quella di “includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati”».
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L’associazione ha quindi denunciato la violazione all’Antitrust, seguendo in questo l’esempio della Commissione Europea che ha convocato formalmente Apple e Google per discutere della tematica degli acquisti in-app delle app gratis per smartphone e tablet e delle potenziali criticità per i diritti dei consumatori. Una tematica che prima o poi le aziende dovranno affrontare: ingiusto infatti continuare a lucrare sugli acquisti in-app in questo modo scorretto. Ben il 30% degli incassi di Apple sono ottenuti grazie agli acquisti in-app e lo stesso vale per Google, i cui giochi presenti nello store generano circa l’80% delle entrate complessive di Google Play.
Tra le due aziende, in realtà, solo Apple è intervenuta a proposito degli acquisti in-app delle app gratis: infatti a gennaio scorso la società di Cupertino ha raggiunto un accordo con la Federal Trade Commission (FTC) statunitense per risarcire con 32,5 milioni di dollari le famiglie che avevano subito un danno derivante da acquisti in-app effettuati da minori senza il consenso dei genitori.
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