Cocciante celebra 50 anni di Anima
Il 29 settembre, Riccardo Cocciante si esibirà nell’incantevole Arena di Verona per festeggiare un traguardo straordinario: i 50 anni del suo album iconico Anima. Questo disco ha segnato un’epoca con successi intramontabili come Bella senz’anima e Quando finisce un amore, e l’artista si prepara a celebrare questa ricorrenza con un concerto speciale, ricordando la sua storia e la sua evoluzione musicale.
“Ogni tanto bisogna saper tornare e raccontarsi, in fondo io mi racconto,” ha detto Cocciante. Il concerto non sarà solo una rassegna dei brani più conosciuti, ma includerà anche pezzi meno noti che hanno un significato particolare per lui. “Amo queste canzoni che sono più nascoste, che hanno valore e hanno diritto di esistere nel concerto,” ha aggiunto l’artista, sottolineando l’importanza di ciascun brano nel suo repertorio.
Un aspetto distintivo del concerto sarà il ritorno all’essenzialità musicale, un richiamo all’epoca in cui Cocciante era accompagnato dalla sua band rock. “A Verona non baserò tutto sull’orchestra, voglio fare un passo indietro, ritornare a come facevamo le canzoni,” ha affermato, rivelando la sua intenzione di offrire un’esperienza autentica e concreta al pubblico.
Il concerto rappresenta anche un momento di connessione con il pubblico, un dialogo diretto che va oltre il semplice spettacolo. Cocciante ha espresso una critica alla superficialità che a volte caratterizza le esibizioni contemporanee, ribadendo che sul palco si va per condividere un’anima, un pensiero, e non solo l’aspetto fisico. “Il concerto è parlare con il pubblico, è uno scambio,” ha concluso, lasciando intendere che la musica deve sempre essere un’esperienza interattiva e profonda.
La storia di Anima
“Questo disco ha aperto delle porte che non avevo prima, ho rotto anche dei muri,” afferma Riccardo Cocciante riguardo a Anima, il suo terzo album. L’artista racconta il suo percorso, evidenziando come i suoi primi due dischi, Mu e Poesia, siano stati caratterizzati da una fase di sperimentazione. “Nella discografia di allora si aveva la possibilità di sbagliare”, spiega, enfatizzando il contesto musicale degli anni ’70, in cui molti colleghi avevano l’opportunità di provare senza il peso dell’aspettativa immediata di successo. Oggi, afferma, “bisogna fare centro subito con un disco e a volte con una canzone, ma una canzone non basta; non narra niente dell’artista.”
Cocciante ricorda il difficile percorso di creazione di Anima, un album inizialmente bocciato. “Ero un po’ disperato,” racconta, evidenziando come una svolta sia arrivata con un concerto al piccolo Teatro dei Satiri insieme a artisti del calibro di Venditti e De Gregori. “Ho voluto rischiare e l’ho fatto. Ed è stato una rivelazione,” esprime, richiamando l’atmosfera di quegli anni cruciali. L’incontro con questi due grandi artisti ha rappresentato un nuovo inizio, un’apertura verso le evoluzioni musicali che stavano emergendo.
Sottolinea anche la natura allegorica dei suoi testi, rivelando una proposta di rivolta in un contesto storico in cambiamento. “Ero diverso, ero contestatario, e i miei testi lo riflettono,” afferma, mostrando come la musica possa essere uno strumento per esprimere emozioni e vissuti profondi. Anima non è solo un album; è un simbolo di evoluzione personale e artistica, un portatore di connessioni tra generazioni e culture diverse.
Bella senz’anima
Riccardo Cocciante rievoca con nostalgia il ricordo di Bella senz’anima, uno dei brani più iconici del suo repertorio e un simbolo della musica italiana degli anni ’70. “Tutta la discografica mi guardava, guardava me,” racconta l’artista. La canzone era così potente da attirare l’attenzione di artisti rinomati, tra cui la grande Milva, che espresse il desiderio di interpretarla. Eppure, inizialmente il singolo non fu accolto come sperato. “Ero sconvolto, c’era una sola radio a quei tempi e se non si passava in radio, nessuno ti prendeva,” confessa Cocciante, rivelando le sfide che ha affrontato per emergere nel panorama musicale di allora.
La svolta arrivò quando Ennio Melis, il produttore del brano, decise di riprovarci, coinvolgendo anche Ennio Morricone per un arrangiamento che lo rendesse ancora più straordinario. “Lo rifaccio, esce il disco, esce Bella senz’anima come singolo e viene bocciato in radio,” continua Cocciante. Fu solo grazie a un’innovativa strategia di ascolto organizzata da Melis che la canzone iniziò a farsi strada tra i disc jockey, che inizialmente erano riluttanti a trasmetterla. “Mi hanno poi raccontato che la gente sentendomi si chiedeva di chi fossi, ero veramente atipico,” aggiunge, evidenziando il potere della curiosità del pubblico che portò Bella senz’anima alla vetta delle classifiche.
“Non ero preparato per tutto ciò. Da quel giorno in poi Bella senz’anima è caduta su di me,” riflette Cocciante. Questa esperienza non solo segnò in modo indelebile la sua carriera, ma rappresenta anche un esempio di come la perseveranza e l’autenticità possano sfidare i pregiudizi e le convenzioni del mondo musicale. “Il dopo è importante, fare una canzone sembra un punto di arrivo invece è una partenza,” sottolinea, invitando a riflettere sull’evoluzione continua di un artista e sul suo impegno nel mantenere vive le proprie espressioni creative.
Un punto di partenza
Riccardo Cocciante riflette sull’importanza di continuare il proprio cammino artistico dopo aver raggiunto il successo con brani emblematici come Bella senz’anima. “Il dopo è importante, fare una canzone sembra un punto di arrivo invece è una partenza,” afferma l’artista, evidenziando come la carriera di un musicista non possa fermarsi a un paio di successi. La vera sfida, secondo Cocciante, consiste nel saper intrattenere il pubblico offrendo sempre nuove sfumature della propria arte. “Noi uomini abbiamo facce diverse, che possiamo esprimere. Ed è questo quello che ho cercato di fare,” dichiara con passione.
Il cantautore sottolinea quanto Anima abbia ampliato i suoi orizzonti, non solo in Italia ma anche in Sud America e Spagna, dove i suoi brani hanno trovato eco in contesti storici significativi. “Io ringrazio il pubblico, che mi ha dato ragione anche quando uscì Margherita,” dice Cocciante, evidenziando la connessione speciale che ha instaurato con i suoi fan. Questa interazione lo ha portato a comprendere la potenza della musica come veicolo di emozioni e messaggi profondi, in contrasto con una discografia che, secondo lui, a volte perde di vista l’autenticità.
Riflessioni sulla natura espressiva del canto caratterizzano il suo discorso: “Il canto è spogliarsi,” afferma. “Esce fuori il nascosto, il non detto.” Cocciante mette in luce la vulnerabilità intrinseca nell’atto di cantare, praticità che va oltre le tecniche apprese e tocca le corde più profonde dell’essere umano. “Oltrepassare le barriere del fisico e andare a ricercare, nel profondo di noi stessi chi siamo,” continua, evidenziando come ogni canzone rappresenti una parte dell’artista e della sua crescita personale.
Il concerto evento all’Arena di Verona
Ogni volta che Riccardo Cocciante si esibisce, è un’opportunità di creare un legame profondo con il pubblico e il concerto all’Arena di Verona non farà eccezione. “Ci saranno le canzoni più conosciute, ma anche canzoni non troppo note che per me hanno un valore,” afferma l’artista, riflettendo sull’importanza di celebrare sia i successi che i brani meno commercializzati della sua carriera. Questa scelta rivela non solo la sua umiltà, ma anche un desiderio di condividere con il pubblico la pienezza della sua esperienza musicale.
Cocciante desidera restituire all’esecuzione dal vivo quella concretezza che a volte si perde nei moderni arrangiamenti orchestrali. “Voglio fare un passo indietro, ritornare a come facevamo le canzoni,” chiarisce, rivelando il suo desiderio di una performance che fasci sia l’autenticità dell’esperienza musicale, sia l’immediatezza del contatto umano. Questo ritorno all’essenzialità è ciò che lui ritiene fondamentale: “Amo l’imperfezione,” aggiunge, sottolineando come spesso la ricerca della perfezione possa risultare fredda e distante.
Il concerto sarà quindi una rivisitazione delle sue canzoni, adottando un approccio più scarno ma pur sempre coinvolgente, utilizzando strumenti che rimandano a una dimensione più rock e meno patinata. “Voglio riunire il gruppo, un aspetto sempre meno usato oggi,” afferma Cocciante, segnalando l’importanza che attribuisce al suono e alla formazione musicale autentica, in una dimensione che punti a stabilire un dialogo con il pubblico.
Questa visione innovativa mette in evidenza il pensiero dell’artista sul panorama musicale attuale. “Di oggi c’è troppa attenzione al look,” sottolinea, evidenziando che il vero valore di un artista risiede nella sostanza, nelle emozioni e nei messaggi che ha da condividere. Cocciante non si limita a esibirsi: crea un momento di condivisione e riflessione, un punto di incontro tra la sua anima e quella degli spettatori, rendendo il concerto un’esperienza indimenticabile e profondamente significativa.
La musica in Italia
Riccardo Cocciante esprime il suo pensiero sulla situazione musicale italiana, rilevando le difficoltà e le sfide che la nuova generazione di artisti deve affrontare. “La nuova generazione deve combattere, deve continuare a fare musica,” afferma l’artista, apprezzando anche il valore di generi come il rap, definito da lui stesso come una forma di musica a tutti gli effetti. Secondo Cocciante, in Italia manca una cultura del riconoscimento del lavoro svolto dai musicisti, sottolineando l’assenza di premi che celebrino i successi e le carriere artistiche.
“Non si fa il riassunto di quello che un cantante ha realizzato, di quanti successi ha fatto e quanto esistono e persistono ed è questo il vero successo per me,” dichiara. L’artista propone l’istituzione di un premio di tipo simile ai Grammy, con l’intento di valorizzare non solo i cantanti, ma anche tutti coloro che contribuiscono al mondo della musica. Questa mancanza di un sistema di riconoscimento crea, secondo lui, uno scompenso nel pubblico, confinando spesso la musica italiana a un’idea superficiale legata solo alle “canzonette”.
Cocciante sostiene che la musica italiana è in realtà un’organizzazione “strutturata e complessa” e che sarebbe fondamentale offrirne una rappresentazione adeguata e riconosciuta. “Quando parliamo di musica, parliamo di un’industria che coinvolge tanti professionisti,” aggiunge, invitando a riflettere sul lavoro collettivo che si cela dietro ogni brano. Questo appello è una chiamata alla sensibilizzazione verso la qualità della musica e l’importanza dell’artista, sottolineando come ogni canzone racconti una storia e rappresenti molto di più di un semplice intrattenimento.
In questo contesto, Cocciante non manca di mettere in evidenza la propria esperienza e l’importanza di rimanere fedeli alla propria visione artistica. Il suo messaggio è chiaro: la musica deve essere vissuta in tutta la sua autenticità, come strumento di espressione e comunicazione profonda, non limitato a un’apparenza superficiale. L’artista esorta i suoi colleghi a perseverare e continuare a combattere per la propria voce, affinché la musica italiana possa prosperare e raggiungere nuove vette.