Cambia il mondo del lavoro (tecnologico) in Cina che si “avvicina” e apre ai sindacati
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Si inaugura una nuova stagione per i diritti dei lavoratori nella RPC.
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La cinese Faxconn, considerata la fabbrica più grande del mondo e che conta un milione e duecentomila dipendenti solo in Cina, permetterà ai lavoratori di eleggere i propri rappresentanti sindacali.
Che sia un segnale della crisi in cui versa anche la seconda economia globale non c’è dubbio ma si tratta comunque di un cambio profondo nella vision lavoro made in China.
Il colosso di Taiwan produce componenti elettronici per conto dei più grandi brand della telefonia e dell’elettronica del pianeta, ma d’altro canto ha anche prodotto, alla fine dell’ ultimo decennio, una sconvolgente ondata di suicidi, dovuti si dice, a turni di lavoro insostenibili, stipendi da fame e sfruttamento del lavoro minorile e trattamenti intollerabili.
Una realtà che ha prodotto rivolte di fabbrica e indignazione dell’opionione pubblica mondiale, forti rimostranze internazionali giunte fino al boicottaggio di alcuni importanti marchi, con il risultato di una preoccupante revisione dei contratti e delle relative commesse.
Una situazione che ha spinto il management di Faxcomm a muovere un passo avanti nella volontà di aprire all’idea di sindacato. Un primo timido passo che data la situazione cinese, avrà bisogno di tempo e volontà politica globalizzata per far maturare nei cinesi la consapevolezza democratica dei diritti.
Ma tutte le corse iniziano con un primo passo e la macchina della globalizzazione spinge nella direzione di una interconnessione partecipata del mondo produttivo e ad una equilbrata gestione dei diritti e dei doveri. Speriamo bene e sarà un bene per tutti.
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