Centrali elettriche a carbone del Regno Unito chiuse dal 1° ottobre
L’addio al carbone nel Regno Unito
Il 30 settembre segnerà una svolta storica per il Regno Unito. La produzione di energia elettrica non sarà più dipendente dal carbone, ossia la fonte fossile che ha alimentato l’intero Paese per 150 anni. L’ultima centrale a carbone, quella di Ratcliffe-on-Soar, verrà chiusa all’inizio di ottobre e trasformata in un impianto di produzione di idrogeno a basse emissioni di CO2.
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Il traguardo del Regno Unito è l’ultimo passo di un lungo cammino verso il “phase out” del carbone, descritto nel dettaglio da Ember, un think tank ambientale britannico, nel rapporto “The UK’s journey to a coal power phase-out“. Il documento individua nel 2012 l’inizio della fase decisiva del processo, quando le centrali a carbone coprivano ancora quasi il 40% della produzione elettrica nazionale. Nello stesso anno il carbone generava 143 TWh di elettricità, una quantità simile alla domanda di energia della Svezia nel 2023. Nel corso dei successivi anni, la quota di carbone nel mix energetico del Regno Unito ha subito una discesa vertiginosa, scendendo al 2% nel 2019 e all’1% nel 2023, per poi arrivare a zero con la chiusura dell’ultima centrale.
Con il declino del carbone sono state chiuse o hanno cambiato destinazione ben 15 centrali. Questo ha consentito di ridurre del 74% delle emissioni di CO2, passate da 160 milioni di tonnellate nel 2021 a 41 milioni di tonnellate nel 2023. La diminuzione delle emissioni è dovuta principalmente all’espansione delle fonti di energia rinnovabili, in particolare da quella solare ed eolica.
Dal 2021 al 2023, la produzione di elettricità da FER è quadruplicata, passando da 21 TWh a 96 TWh, aumentando altresì la quota nel mix dal 6% al 34%. In tutto questo la percentuale di gas è aumentata in misura ridotta, dal 28% al 34%.
Il percorso verso il phase out del carbone
L’abbandono del carbone da parte del Regno Unito è stato il risultato di un processo complesso e graduale avviato nei primi anni 2010. A cadenza regolare, si sono attuate scelte strategiche che hanno portato a una ripresa delle energie rinnovabili e a un sostanziale calo dell’importanza del carbone nel mix energetico. Già nel 2017, il Regno Unito ha segnato un primato, registrando la sua prima giornata senza l’uso di centrali a carbone per la produzione di elettricità. Da quel momento, la chiusura delle centrali ha subito un’accelerazione, accompagnata da un cambio di paradigma nella progettazione della rete elettrica nazionale.
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Il cambiamento è iniziato con la consapevolezza della necessità di una transitione energetica, propedeutica a una maggiore sostenibilità ambientale. La chiusura della centrale di Ratcliffe-on-Soar, l’ultima a carbone, rappresenta non solo la fine di un’era ma anche l’inizio di un nuovo ciclo che vede l’idrogeno come un possibile sostituto. La trasformazione dell’impianto in un centro di produzione di idrogeno a basse emissioni di CO2 riflette una visione più ampia verso un futuro a basse emissioni di carbonio.
Sugli sviluppi futuri del portfolio energetico britannico incidono fattori concomitanti, come gli investimenti nell’energia nucleare e l’aumento delle capacità nel settore delle energie rinnovabili. In particolare, la spinta verso l’energia eolica offshore, avviata attraverso iniziative governative specifiche, ha posizionato il Regno Unito come leader nel settore, contribuendo in modo significativo agli obiettivi di decarbonizzazione.
Il percorso intrapreso dal Regno Unito ha dimostrato che una combinazione di politiche lungimiranti e investimenti strategici può effettivamente guidare un Paese verso un futuro privo di carbone, annullando progressivamente l’utilizzo della fonte fossile storicamente predominante.
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Riduzione delle emissioni e crescita delle rinnovabili
Con il declino del carbone, il Regno Unito ha assistito a una diminuzione significativa delle sue emissioni di CO2, che sono scese da 160 milioni di tonnellate nel 2021 a 41 milioni di tonnellate nel 2023, rappresentando una riduzione del 74%. Questo progresso non è stato casuale, ma è il risultato diretto di una strategia proponendo l’espansione delle fonti di energia rinnovabili, tra cui l’energia solare e eolica, che si sono affermate come pilastri fondamentali del mix energetico britannico.
Dal 2021 al 2023, la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili (FER) è quadruplicata, aumentando da 21 TWh a 96 TWh. Nel contesto di tale crescita, la percentuale delle FER nel mix energetico è passata dal 6% al 34%. Questo cambiamento ha avuto luogo in un panorama energetico nel quale la percentuale di elettricità generata da gas è aumentata modestamente, dal 28% al 34%.
Il 30 settembre rappresenta non solo la chiusura dell’ultima centrale a carbone, ma simboleggia anche la transizione verso un futuro in cui le energie rinnovabili saranno sempre più predominanti. Grazie a significativi investimenti nelle tecnologie e infrastrutture per le FER, il Regno Unito ha posizionato le rinnovabili come una parte cruciale della sua economia energetica, contribuendo a stabilire nuovi standard nell’industria globale.
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La crescente diffusione dell’energia solare ed eolica ha alimentato un ciclo virtuoso: minori emissioni di carbonio hanno incentivato ulteriormente lo sviluppo di tecnologie verdi, favorendo la creazione di posti di lavoro e investimenti nella capacità di accumulo e nella rete elettrica, per garantire la stabilità del sistema energetico. In questo contesto, l’adozione di misure efficaci ha reso il Regno Unito un modello per altri paesi nel loro percorso verso la sostenibilità e la decarbonizzazione.
Fattori chiave nel processo di transizione energetica
Il processo di abbandono del carbone da parte del Regno Unito è dipeso da cinque fattori chiave. Questi elementi hanno congiuntamente agito come catalizzatori per una profonda trasformazione del sistema energetico nazionale.
- Obiettivi di decarbonizzazione: Il Climate Change Act del 2008, aggiornato nel 2019, stabilisce che l’uso di carbone non trattato è incompatibile con la transizione verso un’economia a emissioni zero. Questo ha limitato notevolmente l’influenza di lobbisti e sostenitori del carbone, promuovendo politiche più verdi.
- Aumento dei costi: L’introduzione nel 2013 di un prezzo minimo per la CO2 ha inizialmente gravato sui costi dell’energia prodotta da carbone. Nel 2015, per la prima volta, l’elettricità generata dal carbone è risultata più costosa rispetto a quella prodotta con gas, intaccando la competitività del carbone. Inoltre, nel 2016, sono stati innalzati i limiti di inquinamento per le grandi centrali, richiedendo costosi investimenti per l’adeguamento.
- Supporto all’eolico offshore: L’Offshore Wind Sector Deal del 2019 ha incentivato lo sviluppo dell’energia eolica marina come settore chiave dell’economia britannica, con significativi impegni governativi per finanziare ricerca e sviluppo a lungo termine.
- Investimenti nella rete elettrica: A partire dal 2010, sono stati stanziati importanti fondi per la modernizzazione delle reti elettriche, accelerando la transizione dalle fonti fossili alle energie rinnovabili. Recentemente, il governo ha annunciato un investimento di 10 miliardi di sterline per espandere la rete elettrica, misura che include un nuovo collegamento offshore da 3,4 miliardi di sterline tra Scozia e Inghilterra.
- Riforme di mercato: L’implementazione del programma di contratti per differenza nel 2014 ha incentivato investimenti nel settore delle energie rinnovabili. Questo meccanismo ha permesso aste competitive che hanno significativamente abbattuto i costi, parallelamente a sei round di aste e a una pipeline di 35 GW di progetti di energia eolica e solare.
Il nuovo governo britannico mira ora a realizzare un sistema energetico a zero emissioni di carbonio entro il 2030. Questo ambizioso impegno include il raddoppio dell’eolico onshore, il quadruplicare quello offshore e il triplicare il fotovoltaico. Tuttavia, il consumo di gas continua a rappresentare una sfida significativa e le lezioni apprese nella transizione dal carbone potrebbero rivelarsi preziose per affrontare questa problematica.
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Visione futura e obiettivi di decarbonizzazione
Il nuovo governo britannico mira ora a realizzare un sistema energetico a zero emissioni di carbonio entro il 2030. Questo ambizioso impegno include il raddoppio dell’eolico onshore, il quadruplicare quello offshore e il triplicare il fotovoltaico. Tuttavia, il consumo di gas continua a rappresentare una sfida significativa, e le lezioni apprese nella transizione dal carbone potrebbero rivelarsi preziose per affrontare questa problematica.
Ember osserva che la prossima fase di decarbonizzazione richiederà un approccio più sistematico e diversificato. È essenziale aumentare rapidamente i sistemi di accumulo energetico, in quanto garantiscono la stabilità e l’affidabilità della rete elettrica mentre ci si allontana dai combustibili fossili. Secondo le proiezioni della National Grid, si prevede un incremento di oltre 14 GW nella capacità di accumulo elettrochimico tra il 2025 e il 2035, elemento cruciale per gestire il passaggio verso un mix energetico dominato dalle rinnovabili.
Inoltre, il Regno Unito sta valutando anche opzioni avanzate in altre aree della produzione di energia, come l’energia nucleare. La pianificazione di nuove centrali nucleari, supportata da investimenti significativi, potrebbe contribuire a una fornitura energetica più stabile e ridurre ancor di più la dipendenza dai combustibili fossili. A tal proposito, il piano di investimenti di 300 milioni di sterline per lo sviluppo di combustibili avanzati a base di uranio dimostra l’impegno del governo verso una transizione energetica sostenibile e duratura.
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La visione futura del Regno Unito è quindi chiaramente orientata verso un’economia a basse emissioni, ma implica anche sfide complesse e interconnesse legate alla gestione del consumo di energia, all’affidabilità della fornitura e alla continua innovazione tecnologica. Il passo finale verso la completa decarbonizzazione non solo richiederà politiche audaci, ma anche la collaborazione di tutti i settori della società per garantire che la transizione avvenga in modo equo e sostenibile.
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