Capsula del suicidio in Svizzera: l’innovativa bara per l’eutanasia
Cos’è la capsula del suicidio Sarco
È bastato premere un pulsante. Una donna americana di 64 anni è morta in pochi minuti all’interno di una capsula futuristica. Si tratta di una capsula del suicidio, il primo utilizzo della controversa “macchina per il suicidio assistito” Sarco, che ha innescato un acceso dibattito etico e legale in Svizzera, uno dei pochi paesi al mondo dove l’eutanasia è consentita, sebbene sotto determinate condizioni. La Sarco, il cui nome deriva da “sarcofago”, è stata ideata dall’australiano Philip Nitschke, medico e attivista per il diritto al suicidio assistito.
Questa capsula sigillata è stampata in 3D e funziona rilasciando azoto liquido al suo interno, provocando una rapida diminuzione del livello di ossigeno. “Stimiamo che abbia perso conoscenza nel giro di due minuti e sia morta dopo cinque minuti. Esattamente come ci aspettavamo”, ha dichiarato Nitschke al quotidiano olandese De Volkskrant, riportato dal Guardian, dopo aver seguito la procedura in video collegamento dalla Germania.
Il concetto di Sarco rappresenta un’evoluzione dei metodi tradizionali di suicidio assistito, con l’obiettivo di offrire una fine della vita più dignitosa e controllata. L’idea è emersa circa 12 anni fa, quando Nitschke fu contattato per trovare “una soluzione tecnologica per un uomo del Regno Unito affetto dalla sindrome locked-in”. Questo incontro stimolò una riflessione su come migliorare i metodi esistenti, superando l’aspetto poco dignitoso di alcuni di essi, comunemente descritti come il “fattore sacchetto di plastica”.
Come funziona la Sarco
La Sarco è progettata per offrire un metodo semplice e diretto per il suicidio assistito, distinguendosi nettamente dai metodi tradizionali. Il funzionamento della capsula prevede l’erogazione di azoto liquido, il che porta a una rapida diminuzione del livello di ossigeno all’interno della capsula stessa. Questo meccanismo apporta una serie di effetti fisiologici che conducono alla perdita di coscienza in tempi brevi. Le stime di Nitschke indicano che il soggetto utilizza la capsula perlomeno per circa due minuti prima di perdere conoscenza, mentre la morte avviene entro cinque minuti dall’inizio della procedura.
La capsula è dotata di un sistema di attivazione completamente automatizzato, che consente all’utente di avviare il processo premendo un pulsante, eliminando il bisogno di assistenza esterna da parte di medici o operatori sanitari. Questo aspetto è parte della visione di Nitschke di “de-medicalizzare” il processo di morte, rendendolo più accessibile e controllato. L’idea è che chi sceglie di usare la Sarco possa farlo nell’intimità e con la serenità di decisione, senza dover affrontare l’inevitabile drammaticità di molte altre modalità di suicidio assistito.
Un ulteriore elemento intrinseco al design della Sarco è la possibilità di personalizzazione e l’esperienza visiva. All’interno della capsula, l’utente può guardare attraverso il vetro trasparente e scegliere un panorama suggestivo, che potrebbe servire a rendere gli ultimi istanti di vita più rari e significativi. Questo aggiunge un aspetto di libertà e scelta che differisce nettamente dalle pratiche più tradizionali. Ciò nonostante, l’approccio innovativo solleva già interrogativi sulla sicurezza e sull’effettivo benessere mentale di coloro che scelgono di utilizzare questo metodo, in particolare con riferimento al test online che Nitschke prevede come parte del processo di selezione per l’utilizzo della capsula.
Progettazione e design della capsula
La progettazione della Sarco è frutto della collaborazione tra Philip Nitschke e il designer industriale olandese Alexander Bannink. Questa relazione ha dato vita a un dispositivo concepito non solo per la sua funzionalità, ma anche per l’estetica, riflettendo un approccio moderno e futuristico al tema della morte assistita. Nitschke ha dichiarato che l’ispirazione per il design è derivata dall’idea di una navicella spaziale, suggerendo così un viaggio verso l’aldilà. L’obiettivo era creare una capsula che non fosse vista solo come un funerale, ma come una transizione dignitosa e contemplativa.
Da un punto di vista tecnico, la Sarco è completamente stampata in 3D, il che consente una produzione relativamente semplice e una certa praticità nel suo trasporto. Ciò significa che può essere utilizzata in vari ambienti, portando il concetto di “luogo di morte” a un nuovo livello di personalizzazione. Nitschke enfatizza l’importanza di permettere agli utenti di scegliere l’ambiente in cui desiderano utilizzare la capsula: che sia un amato giardino, una spiaggia o un panorama montano, il paesaggio potrà offrire un contesto significativo per un momento così intimo. La presenza di vetri trasparenti offre quindi non solo una vista, ma la possibilità di chiudere il ciclo della vita in un contesto visivamente appagante.
Il design della Sarco mira anche a rompere gli schemi tradizionali e a provocare una riflessione sulla morte e sull’eutanasia. Nitschke ha affermato che la capsula è stata concepita per stimolare il dibattito pubblico sull’eutanasia, contribuendo a una maggiore consapevolezza e comprensione riguardo al diritto di ognuno di prendere in controllo la propria fine. La Sarco si propone dunque come un simbolo di una nuova era nel campo della morte assistita, cercando di ridurre il stigma e di garantire dignità in un momento cruciale della vita. È chiaro che l’intenzione di Nitschke non è soltanto quella di fornire un metodo pratico, ma anche quella di aprire una conversazione più ampia e inclusiva su di un argomento spesso considerato tabù.
Il dibattito legale e etico sull’eutanasia
L’utilizzo della capsula Sarco ha suscitato immediatamente un vivace dibattito legale e etico, evidenziando le complessità del suicidio assistito in Svizzera, un paese noto per la sua legislazione permissiva in materia. La polizia del cantone di Sciaffusa ha fatto scattare arresti nei confronti di alcune persone coinvolte nella somministrazione della capsula, mentre la procura ha avviato un’indagine per istigazione e assistenza al suicidio. Gli sviluppi legali sono ulteriormente complicati dalla dichiarazione del ministro della Sanità svizzera, Elisabeth Baume-Schneider, secondo cui la capsula non rispetta le normative vigenti, che richiedono un rigoroso rispetto della persona e delle modalità con cui ci si toglie la vita.
La legislazione svizzera consente l’assistenza al suicidio purché la persona interessata agisca senza “assistenza esterna” e che colui che offre aiuto non agisca per “motivi egoistici”. La Sarco, mediante il suo meccanismo automatizzato di attivazione, sembra violare tali condizioni, in quanto elimina la necessità di un intervento umano diretto durante il processo. Questo solleva domande su come la legge possa adattarsi a strumenti moderni come la Sarco, e se tali dispositivi possano essere legalmente accettabili all’interno del contesto normativo esistente.
Il dibattito si sposta anche su rilevanti questioni etiche. Da un lato, i sostenitori della Sarco, inclusi attivisti e organizzazioni come The Last Resort, affermano che la capsula rappresenti una forma di morte dignitosa e controllata per individui che soffrono di malattie incurabili. Fiona Stewart, co-presidente dell’organizzazione, ha sottolineato come molte persone, come la donna americana che ha utilizzato la Sarco, abbiano preso la propria decisione in modo consapevole e con il supporto delle proprie famiglie. Dall’altro lato, i detrattori avvertono del potenziale rischio di banalizzare il suicidio, trasformando la sofferenza umana in un atto che potrebbe sembrare facilmente accessibile o soluzione a problemi esistenziali complessi.
Questo acceso confronto etico e legale culmina in una rinnovata riflessione sull’eutanasia, sul diritto alla morte dignitosa e sul ruolo della società nel decidere come e quando si deve morire. La Sarco, in questo contesto, diventa simbolo di un possibile cambiamento nei paradigmi culturali e giuridici relativi alla morte, invitando a considerare nuove modalità per affrontare la vita e la morte con maggiore sincerità e consapevolezza.
Reazioni e opinioni pubbliche sulla Sarco
Le reazioni pubbliche alla capsula Sarco sono state variegate e intense, riflettendo le diverse opinioni sull’eutanasia assistita e sul diritto di scegliere come morire. Da un lato, molte persone hanno accolto la Sarco come un dispositivo innovativo e rispettoso della dignità umana, in grado di offrire una soluzione a coloro che soffrono di malattie terminali o incurabili. Supporters dell’eutanasia assistita, tra cui diversi attivisti e organizzazioni come The Last Resort, hanno enfatizzato l’importanza di dare alle persone il controllo sulla propria fine, sottolineando che la scelta di utilizzare la Sarco è una decisione personale e consapevole, supportata da familiari e amici.
Tuttavia, dall’altro lato, ci sono state forti reazioni negative e preoccupazioni etiche. Critici del dispositivo hanno messo in guardia contro il rischio di normalizzare il suicidio, suggerendo che una soluzione così accessibile potrebbe portare a decisioni affrettate o influenzate da fattori esterni. Le opinioni di esperti in psicologia e psichiatria sono state sollevate, suggerendo che una valutazione approfondita delle condizioni mentali dei potenziali utilizzatori sia fondamentale per prevenire situazioni potenzialmente dannose.
Negli ambienti politici e legislativi, il dibattito si è intensificato. Alcuni politici hanno chiesto una revisione delle leggi esistenti riguardanti l’eutanasia, sostenendo che la Sarco necessiti di una regolamentazione più rigorosa, mentre altri hanno difeso la libertà individuale nel prendere decisioni riguardanti la propria vita e morte. L’argomento ha anche attirato l’attenzione di media, che hanno approfondito le implicazioni sociali e culturali del dispositivo, portando alla luce storie di individui che considerano la Sarco come una forma di liberazione dalla sofferenza.
In questo contesto di reazioni miste, la Sarco è diventata non solo un dispositivo per il suicidio assistito, ma un simbolo di un dibattito culturale più ampio sull’eutanasia e sul diritto al controllo sulla propria esistenza, sollevando domande profondamente radicate su cosa significhi morire con dignità.