Canonical viola la privacy degli utenti Ubuntu? Nuova puntata di uno dei casi informatici di questo fine 2013.
La polemica era esplosa con l’arrivo della versione 12.10 di Ubuntu e delle chiacchierate funzioni collegate all’advertising: gli utenti si erano mostrati molto contrariati perché si sentivano come se fossero stati svenduti al business, unitamente alle proprie chiavi di ricerca. Nelle settimane e nei mesi successivi vi è però stato chi ha ascoltato le loro lamentele e si è dato da fare per ridar loro indietro un minimo di quella privacy di cui si sono sentiti defraudati.
Lo sapevi che chiedere la pubblicazione di comunicati stampa promozionali gratuitamente è evasione fiscale. ==> LEGGI QUI perchè.
Michah Lee, programmatore e militante di EFF, ha messo insieme alcune stringhe di codice, giocando sulla natura “open source” di Ubuntu. Un numero minimo di righe che è sufficiente copiare nel proprio personal computer per fare in modo che qualsiasi ricerca fatta tramite Dash non venga ceduta da Canonical a terzi: si tratta di una soluzione a ciò che è stato descritto da EFF come un attacco al diritto di ogni utente alla propria privacy. Queste stringhe di codice sono state pubblicate da Lee su un sito costruito ad hoc per l’occasione: FixUbuntu.com.
Ma Canonical non è rimasta inerte di fronte a quanto accaduto e ha ritenuto, probabilmente, che una difesa fosse possibile utilizzando l’argomento della proprietà intellettuale e, più nello specifico quella collegata ai marchi registrati.
Infatti, come era prevedibile è arrivata, dopo poche settimane, la sua controffensiva: ha fatto recapitare al programmatore un’ingiunzione con la quale gli si richiede di eliminare ogni riferimento ad Ubuntu dal proprio dominio. Nell’ingiunzione, i rappresentanti legali di Ubuntu ringraziano Lee per l’attenzione data al software “open source”, ma fanno altresì presente di non poter fare a meno di “essere fermi nell’assicurare che i trademark di Ubuntu siano usati correttamente”.
Nella parte finale della missiva inviata a Lee, i legali ricordano come il marchio di Ubuntu possa essere utilizzato solo in seguito ad un’autorizzazione: autorizzazione che in questo caso non è stata concessa, e come “il marchio e il logo usati su FixUbuntu potrebbero generare confusione e malintesi, spingendo gli utenti a credere che il sito sia associato a Canonical o Ubuntu”.
Non sprecare soldi comprando pubblicità programmatica ma investi su contenuti eterni. ==> LEGGI QUI perchè.
Ma lo sviluppatore ha dato prova di essere molto informato in merito a precedenti situazioni simili, nelle quali, dopo una violazione della privacy, sono state avanzate pretese non dovute dai proprietari di marchi, solo per eliminare personaggi scomodi. Lee ritiene di non aver violato la legge e si è detto disposto unicamente a eliminare il logo dal sito e ad allegarvi un “disclaimer” che esplichi in modo palese, a chi visiterà il sito, ciò che già era chiaro.
Nel disclaimer si legge che “ovviamente questo sito non è approvato da Canonical e il nostro uso del termine Ubuntu, coperto da trademark, è meramente descrittivo, aiuta il pubblico a trovare questo sito e a comprenderne il contenuto”.
Con questa precisazione, Lee è convinto di essersi reso immune da qualsiasi azione legale e ha dichiarato, ironicamente, che l’unica via che Cananical ha per persuaderlo a eliminare il sito è quella di “disabilitare di default le funzioni di Ubuntu legate all’advertising”.
Non buttare via soldi per comprare contenuti effimeri sui social media. ==> LEGGI QUI perchè.
Non sprecare soldi comprando pubblicità programmatica ma investi su contenuti eterni. ==> LEGGI QUI perchè.