Riforma dei deepfake elettorali in California
La California ha deciso di porre un freno ai deepfake sulle elezioni, in vista del voto del 5 novembre. Il governatore democratico Gavin Newsom ha firmato tre misure per rimuovere i contenuti ingannevoli dalle grandi piattaforme online, aumentare la responsabilità e informare meglio gli elettori. In particolare, lo Stato ha reso illegale creare e pubblicare deepfake relativi alle elezioni nei 120 giorni prima del voto e nei 60 giorni successivi. Inoltre, i social network sono stati incaricati di moderare la diffusione di simili contenuti legati alle elezioni. “C’è un clima molto teso e violento” negli Stati Uniti, “dobbiamo cercare di smorzare i toni per arginare il pericolo, e questo è un passo in quella direzione”, ha dichiarato a Sky TG24 Brian Brokaw, consulente del governatore Newsom.
Il caso del deepfake di Kamala Harris
A fine luglio 2024, l’attenzione su i deepfake è esplosa quando Elon Musk ha condiviso un video manipolato di Kamala Harris sul suo account X. Questo deepfake, che alterava digitalmente la voce della vicepresidente, la rappresentava mentre pronunciava parole inesistenti, generando immediatamente dibattito e indignazione. La versione ingannevole non includeva alcun disclaimer esplicito, mentre l’account originale che lo aveva pubblicato affermava, nel commento associato, che si trattava di una parodia. Il conflitto si è intensificato quando Gavin Newsom, governatore della California, ha risposto tempestivamente affermando che “manipolare una voce in una ‘pubblicità’ come questa dovrebbe essere illegale” e preannunciando l’intenzione di promulgare una legge in materia.
Questo episodio ha messo in luce il potenziale dei deepfake come strumento di disinformazione e propaganda durante i periodi elettorali. Newsom ha ribadito la necessità di affrontare questa problematica, non solo per proteggere l’integrità delle elezioni, ma anche per garantire un’informazione corretta agli elettori. La reazione politica e pubblica è stata immediata, spingendo a riflessioni approfondite sulle conseguenze legali e etiche dell’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale nella sfera politica. Nel contesto di tali sviluppi, il caso di Kamala Harris è diventato emblematico della sfida rappresentata dai deepfake in un panorama elettorale sempre più complesso e polarizzato.
Misure specifiche contro i deepfake
Le nuove misure introdotte dalla California per contrastare l’uso dei deepfake elettorali si concentrano su tre aspetti chiave. Innanzitutto, è stato stabilito che è illegale creare e pubblicare contenuti deepfake che riguardano le elezioni nei periodi critici di 120 giorni prima e 60 giorni dopo il voto. Questo divieto mira a prevenire qualsiasi forma di manipolazione che possa influenzare il giudizio degli elettori in prossimità delle elezioni, tutelando così l’integrità del processo elettorale.
In secondo luogo, i social media hanno ricevuto nuove responsabilità: saranno obbligati a monitorare e gestire attivamente la diffusione di deepfake o contenuti ingannevoli correlati alle elezioni. A partire dall’anno prossimo, queste piattaforme dovranno rimuovere o contrassegnare tali contenuti entro 72 ore dalla segnalazione degli utenti. Questa misura si è resa necessaria per garantire che i cittadini possano accedere a informazioni accurate, specialmente in un’epoca in cui le fake news si diffondono con rapidità sulle piattaforme online.
A partire dal 2025, i messaggi pubblicitari generati mediante intelligenza artificiale dovranno includere un’etichetta che ne indichi l’origine. Questo requisito è progettato per fornire maggiore trasparenza e consentire agli elettori di discernere meglio l’autenticità dei contenuti che incontrano. Gavin Newsom ha sottolineato l’importanza di queste iniziative, affermando che “salvaguardare l’integrità delle elezioni è essenziale per la democrazia” e che le nuove leggi pongono un freno all’uso dell’intelligenza artificiale per diffondere disinformazione.
Contestazione legale delle nuove norme
Il giorno dopo l’approvazione delle nuove leggi sulla regolamentazione dei deepfake, la polemica si è spostata nei tribunali. L’utente che ha diffuso il controverso video deepfake di Kamala Harris ha intentato una causa presso l’Eastern District del tribunale federale della California, sostenendo che le nuove misure istituzionali rappresentano un uso improprio del “potere statale” per costringere le piattaforme social a censurare le espressioni dei cittadini. La causa evidenzia come la normativa californiana potrebbe ostacolare la libertà di espressione, soprattutto in un contesto in cui la satira e la parodia giocano un ruolo importante nel discorso politico.
Il querelante afferma di avere il diritto costituzionale di esprimere opinioni critiche sui politici, utilizzando forme artistiche come la satira. In particolare, si fa notare che il video di Harris non presentava un avviso di avvertenza, ma il post originale specificava esplicitamente essere una parodia. Tuttavia, il ricorrente sostiene che questo disclaimer non soddisfa i requisiti legali necessari per essere considerato come satira protetta dalla legge, poiché non è stato inserito direttamente nel video con caratteri di dimensioni equivalenti al resto del contenuto.
L’aspetto legale solleva interrogativi sulla compatibilità delle nuove leggi con il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce la libertà di parola. Mentre i legislatori della California cercano di bilanciare la protezione della sicurezza elettorale e la libertà di espressione, lo sviluppo di questa causa potrebbe avere conseguenze significative riguardo alle normative future sui deepfake e sull’uso dell’intelligenza artificiale, non solo in California, ma potenzialmente a livello nazionale.
Opinioni e reazioni delle parti coinvolte
La situazione attuale attorno alle nuove normative californiane sui deepfake ha generato reazioni accese e diversificate. Da un lato, il governatore Gavin Newsom, sostenuto dai suoi consulenti, ha difeso le misure come essenziali per preservare l’integrità delle elezioni e proteggere gli elettori dalla disinformazione. Brian Brokaw, consulente di Newsom, ha avvisato sui potenziali pericoli dell’intelligenza artificiale, sottolineando che “ciò che è in gioco è molto serio”, evocando la possibilità che i deepfake possano influenzare direttamente l’opinione pubblica in un clima politico particolarmente teso. “Dobbiamo cercare di smorzare i toni per arginare il pericolo”, ha dichiarato Brokaw, evidenziando l’urgenza di un intervento legislativo.
D’altra parte, le critiche mosse da alcuni gruppi di libertà di espressione e libertariani si sono concentrate sull’idea che tali leggi potrebbero limitare eccessivamente la satira e il commento politico. L’utente che ha diffuso il deepfake di Kamala Harris ha fatto leva sui diritti garantiti dal Primo Emendamento, sostenendo di essere stato privato della libertà di espressione. Questa tensione tra il bisogno di proteggere la democrazia e il rispetto della libertà di parola si sta rivelando cruciale per le prossime fasi della discussione legale.
A livello nazionale, l’approvazione delle leggi californiane ha sollevato interrogativi su come altre giurisdizioni potrebbero reagire. Mentre alcuni legislatori in Washington stanno cercando di introdurre misure simili a livello federale, altri temono che la fioritura della censura possa inibire le dinamiche democratiche. Anche Elon Musk è tornato alla carica sul tema, affermando che le leggi di Newsom violano la Costituzione e invitando i suoi follower a diffondere il video parodistico, spingendo ancor più la polemica.
La questione solleva un dibattito cruciale su quale sia il giusto equilibrio da mantenere tra la protezione dell’integrità elettorale e la salvaguardia della libertà di espressione, un tema che continua a mobilitare l’attenzione pubblica e i professionisti del diritto in un clima di crescente preoccupazione per l’uso dell’intelligenza artificiale nella sfera pubblica.