Brexit. Che cosa ci aspettiamo ancora?
BREXIT: COSA C’È DOPO, PER LA GRAN BRETAGNA E L’UNIONE EUROPEA
– di Greta Valentina Galimberti – Con Brexit si intende l’ormai famoso processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, iniziato col referendum del del 23 giugno 2016 e messa in atto tramite l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato dell’Unione Europea, che concede due anni di tempo per negoziarne i dettagli.
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L’11 aprile 2019 l’Unione Europea ha acconsentito a prorogare le trattative per la Brexit fino al 31 ottobre 2019, giorno nel quale la Gran Bretagna uscirà ufficialmente dall’Unione Europea. Nonostante la campagna “People’s vote” sostenuta da una piccola parte del partito laburista, che chiedeva la possibilità di convocare un nuovo referendum per permettere ai cittadini britannici di esprimersi nuovamente in merito alla Brexit con un voto più consapevole, i sostenitori del “remain” non hanno raggiunto i numeri adeguati, dato che sia il partito conservatore sia una stessa parte del partito laburista sono a favore della decisione già presa.
Il 12 giugno 2019, in occasione della Legal Community Week organizzata dallo studio legale tributario DLA Piper, diversi esperti si sono avvicendati sul palco della conferenza “Brexit: what’s next for Britain and the EU?” nello spiegare le conseguenze legali e finanziarie della Brexit sull’Unione Europea e sulla Gran Bretagna stessa.
LE LICENZE
Dal punto di vista commerciale, se prima del referendum era necessaria una sola licenza per importare o esportare merci, adesso le licenze da avere sempre a portata di mano sono due, una dell’UE e una strettamente relativa alla Gran Bretagna, con la conseguente necessità di formalizzare degli accordi che permettano alle aziende e ai trasporti di non rimanere bloccati alle dogane con ritardi e conseguenze molto serie sul rifornimento di negozi, farmacie, supermercati e ogni genere di esercizio, come succederebbe nel sempre più probabile caso del “No deal” (ovvero nessun accordo), che porterebbe a un vero e proprio disastro tutto il settore import/export.
LE TRATTATIVE
La realtà dei fatti, spiega il dottor Paul Hardy, Brexit Director di DLA Piper, è che non è possibile prevedere cosa succederà dopo la chiusura degli accordi. Nessuno sa come stanno andando le trattative, si possono fare delle ipotesi su svariati scenari, ma non è possibile dire quale di tali scenari sarà applicabile dopo la formalizzazione della Brexit. George Mortimer, Legal Director di DLA Piper, dice chiaramente che il consiglio migliore che si possa dare alle aziende è quello di fare piani nell’ottica delle situazioni peggiori, organizzandosi anche per le migliori. La difficoltà sta nel teorizzarle tutte. E se invece si concretizzasse uno scenario assolutamente imprevedibile a cui nessuno aveva pensato?
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I CASI IRLANDA E SCOZIA
Pensando al caso dell’Irlanda, per esempio, sorgono spontanee delle domande alle quali però, di nuovo, non è chiaro come poter rispondere. Il confine doganale tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda sembra cancellato (per quanto una parte di essa faccia capo al Regno Unito e l’altra all’Unione Europea) e spostato invece unicamente nel tratto di mare che divide geograficamente l’Irlanda dalla Gran Bretagna. C’è chi non reputa corretta questa differenza rispetto al resto dei confini, ma l’accordo non è ancora stato definito.
Un’altra ipotesi di revisione delle regole da considerare sarebbe quella della Scozia: i cittadini scozzesi dichiarano a gran voce la loro volontà di riproporre un referendum per affrancarsi dal Regno Unito nel caso in cui la Brexit dovesse rimanere senza accordo.
Le conseguenze di questa atmosfera incerta, però, non si stanno facendo sentire solo nel Regno Unito. La dottoressa Joana Roucayrol, Senior Legal Manager di Value Retail, dichiara che in Francia le aziende che hanno sedi e interessi importanti in Gran Bretagna stanno perdendo moltissimi lavoratori, che si dimettono per l’incertezza riguardo le trattative che sta comportando incertezza anche per gli impiegati, provocando un serio problema nel campo dell’occupazione lavorativa.
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Insomma, il caso Brexit è ancora aperto, e le conseguenze della sua chiusura potrebbero essere di ogni entità. L’unica cosa che possono fare le aziende è aspettare, per non fare errori.
Greta Valentina Galimberti
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