Uno degli effetti prodotti dall’esito del referendum sulla Brexit è stata la crisi bancaria e il risveglio dell’attenzione sulla speculazione per il settore bancario e, in particolare, verso le banche italiane.
In realtà, la situazione di crisi e difficoltà in cui si trovano le banche italiane, seppur con i doverosi distinguo caso per caso, è legata alle conseguenze della prolungata emergenza scoppiata come crisi finanziaria negli USA e propagatasi, con effetti economici devastanti, su tutto il pianeta.
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Le banche italiane
Inizialmente, il fatto che le nostre banche, a differenza di quelle anglosassoni, fossero esposte prevalentemente verso le imprese e il mondo produttivo, che i mutui ai privati fossero erogati secondo criteri molto più severi rispetto ad altri paesi, e avessero un’esposizione piuttosto limitata in prodotti finanziari e derivati, sembrò preservarle dagli effetti più violenti della crisi, che nella realtà si sono manifestati solo più tardi.
Purtroppo, la durata e la dimensione della contrazione dell’economia globale ha colpito duramente imprese e privati, determinando così la crescita esponenziale della crisi e delle sofferenze bancarie.
Poiché il nostro sistema economico, a differenza di quello di molti altri paesi, è “bancocentrico“, quindi caratterizzato da aziende di medio piccole dimensioni, poco capitalizzate, e finanziate quasi esclusivamente con il credito bancario, l’entità della crisi ha impattato direttamente sul sistema bancario.
A tutto ciò, non dimentichiamo di aggiungere che i tassi di interesse prossimi allo zero stanno determinando una consistente contrazione dei ricavi delle banche, con la conseguenza di ridurne la capacità di assorbire le perdite sui crediti deteriorati.
La normativa Bail in
Inoltre, in un contesto già problematico, si è inserita la recente normativa europea sulle crisi bancarie, nota come “bail in”, e approvata, forse senza una adeguata consapevolezza, dal nostro governo.
Gli effetti visti con il caso di Banca Etruria e delle altre tre banche locali in default, gestite proprio secondo la nuova normativa, hanno contribuito a creare le condizioni per cui gli aumenti di capitale richiesti da Popolare di Vicenza e Veneto Banca andassero di fatto deserti.
Questo ha costretto ad un intervento di salvataggio con il Fondo Atlante, di fatto finanziato dalle altre banche italiane.
Ora, per evitare un ulteriore peggioramento della situazione che rischia di paralizzare la capacità del nostro sistema bancario di finanziare correttamente il mondo produttivo, è necessario un deciso intervento pubblico nel capitale delle banche in difficoltà che, al momento, anche i trattati europei autorizzano data la situazione eccezionale quale è certamente quella attuale.
Con un’azione tempestiva in tal senso, possiamo bloccare il propagarsi delle difficoltà alle altre banche, riportare fiducia nei risparmiatori e, quindi, trovare le risorse necessarie a finanziare quella timida ripresa economica che si è manifestata negli ultimi mesi.
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