La brain-machine proposta da Elon Musk, tramite la sua società Neuralink, è una piattaforma di interfaccia cervello-macchina integrata con migliaia di canali. – di Paolo Brambilla –
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BMI
Le interfacce cervello-macchina (BMI) promettono il ripristino della funzione sensoriale e motoria e il trattamento dei disturbi neurologici, ma i BMI clinici non sono ancora stati ampiamente adottati, in parte perché il limitato numero dei canali hanno condizionato il loro potenziale. Nel white paper rilasciato in questi giorni, Neuralink descrive un sistema BMI scalabile ad alta larghezza di banda.
“Abbiamo costruito array di “fili” di elettrodi piccoli e flessibili, con un massimo di 3.072 elettrodi per array distribuiti su 96 thread. Abbiamo anche costruito un robot neurochirurgico in grado di inserire sei fili (192 elettrodi) al minuto. Ogni filo può essere inserito individualmente nel cervello con precisione micron per evitare la vascolarizzazione della superficie e mirare a specifiche regioni del cervello”. L’array di elettrodi è confezionato in un piccolo dispositivo impiantabile che contiene chip personalizzati per l’amplificazione e la digitalizzazione a bassa potenza: il pacchetto per 3.072 canali occupa meno di 3 millimetri cubi (23 x 18,5 x 2). Un singolo cavo USB-C consente lo streaming di dati a larghezza di banda completa dal dispositivo, registrando contemporaneamente da tutti i canali. Questo sistema ha raggiunto una resa di punta dell’85,5% negli elettrodi impiantati. L’approccio di Neuralink all’IMC ha una densità e una scalabilità del packaging senza precedenti in un pacchetto clinicamente rilevante.
Il chip agisce come una porta Usb-C, la stessa dei Macbook della Apple, e permette di collegarsi via Bluetooth a un computer o allo smartphone. Secondo Musk, il chip potrebbe essere usato da chi vuole potenziare la propria memoria o da chi è stato colpito da infarto, i malati di cancro, i tetraplegici o persone affette da malattie congenite.
Comunicare con le macchine
L’obiettivo è consentire agli esseri umani di comunicare più rapidamente con le macchine. Una delle tecniche distintive di Neuralink è che colloca i fili flessibili degli elettrodi in prossimità dei neuroni, le minuscole cellule che sono gli elementi costitutivi fondamentali del cervello. Si pensa che la capacità di acquisire informazioni da un numero elevato di celle e quindi inviarle in modalità wireless a un computer per un’analisi successiva sia un passo importante per migliorare la comprensione di base del cervello. Neuralink intende anche realizzare un modulo, che si trova fuori dalla testa, che riceve in modalità wireless le informazioni dai fili incorporati nel cervello.
Secondo il fondatore di Tesla in ogni cervello umano c’è posto per impiantare fino a dieci microchip, collegati a una app su iPhone. Musk sottolinea che “il collegamento wireless non richiede cavi che escono dalla testa. Questo è molto importante”. Pare che Neuralink stia sviluppando una sorta di laser per forare la scatola cranica e impiantare fili ultrasottili in profondità nel cervello.
Ricordiamo che questo tipo di notizia, anche se sottoscritta da chi la rilascia (in questo caso Neuralink), non è considerata scientificamente certificata, ma solo un cosiddetto “preprint”.
Cos’è un preprint non modificato?
Prima della pubblicazione formale in una rivista accademica, gli articoli scientifici e medici sono tradizionalmente “sottoposti a revisione paritetica”. In questo processo, i redattori della rivista consultano vari esperti, chiamati “arbitri”, che hanno valutato il documento e possono identificare punti deboli nelle sue ipotesi, metodi e conclusioni. In genere una rivista scientifica pubblica un articolo solo dopo che gli editori hanno verificato che gli autori hanno ottenuto un via libera dagli arbitri.
Poiché questo processo può essere lungo, gli autori usano il servizio bioRxiv per rendere i loro manoscritti disponibili come “preprints” prima della revisione sopradescritta, consentendo ad altri scienziati di vedere, discutere e commentare immediatamente i risultati. I lettori dovrebbero quindi essere consapevoli che gli articoli su bioRxiv non sono stati finalizzati dagli autori, potrebbero contenere errori e riportare informazioni che non sono ancora state accettate o approvate in alcun modo dalla comunità scientifica o medica.
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