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Le bozze non pubblicate su Facebook vengono comunque lette e memorizzate dai server: nuova grave accusa per la violazione della Privacy

  • Redazione Assodigitale
  • 27 Dicembre 2013
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Che la privacy sia altamente limitata su Facebook è noto a tutti.


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Più di 1 miliardo di utenti si è iscritto alla piattaforma ben conscio della situazione, molti altri non l’hanno fatto proprio per questo motivo.

Risulta una novità, però, quello che ha rivelato lo studio Self-Censorship on Facebook (che tradotto in italiano suona come Autocensura su Facebook).


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Per una volta a colpire non sono soltato i risultati in sè, ma proprio il fatto che sia stato possibile condurre uno studio del genere.

Adam Kramer, data scientist della piattaforma, e Sauvik Das, ex stagista a Menlo Park presso Facebook, hanno analizzato i contenuti scritti ma mai pubblicati di circa cinque milioni di utenti statunitensi ed inglesi.

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L’indagine, condotta nell’estate del 2012, è durata diciassette giorni.

Quello che sconcerta di più è che a Menlo Park siano in grado di leggere non solo ciò che viene pubblicato, anche se poi si procede alla cancellazione, ma anche ciò che, all’ultimo momento, si è deciso di non rendere noto.

Quanto detto non risulta essere propriamente una novità su internet.

Ad esempio, anche Google, sulla casella di posta, memorizza anche i messaggi che non vengono spediti e li conserva nelle bozze.

Ma, in questo caso, l’utilità del servizio è lampante: si può sempre decidere di mandare in seguito un e-mail, mentre difficilmente se si è scelto di non condividere un post od un commento si pensa di farlo dopo.

Quello che a prima vista viene giudicato come un ulteriore attentato alla privacy degli utenti, viene giustificato a Menlo Park come una ricerca condotta al fine di far superare la timidezza e l’insicurezza.

Sulla base dei risultati, infatti, verranno ideate delle soluzioni che possano porre rimedio agli insuccessi relazionali che si verificano con una certa costanza sul Social Network.

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Dai dati rilevati è emerso che ben il 71% degli iscritti alla piattaforma virtuale ha scritto uno status, un commento, o entrambe le cose, senza procedere poi alla pubblicazione.

Tra questi, sono gli uomini a censurarsi maggiormente, soprattutto quelli che tra gli amici presentano un numero limitato di donne. Inoltre è emerso che la percentuale di testi non postati è nettamente maggiore quando si pensa che possa essere letto dal datore di lavoro.

Per quanto i propositi con cui si giustifica Facebook possano essere anche elevati, questo non giustifica un controllo così invasivo da parte del Social Network.

Una volta che l’utente decide di iscriversi alla piattaforma, mette in conto che ciò che pubblica diventa di dominio pubblico a Menlo Park, ma adesso deve considerare che lo stesso vale anche per quello che sceglie di non postare.


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