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Bonus ristrutturazione e affitto da parte dell’erede cosa cambia secondo la Suprema Corte

  • Redazione Assodigitale
  • 22 Maggio 2025
Bonus ristrutturazione e affitto da parte dell’erede cosa cambia secondo la Suprema Corte

Bonus ristrutturazione e trasferimento agli eredi: le regole fondamentali

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Il bonus ristrutturazione costituisce una misura fiscale chiave per incentivare interventi di miglioramento sugli immobili residenziali, consentendo di recuperare attraverso detrazioni IRPEF una quota delle spese sostenute. Tuttavia, la possibilità di trasferire le rate residue del bonus in caso di decesso del beneficiario è soggetta a condizioni rigorose, in particolare quando si tratta di passaggio agli eredi. La normativa impone che gli eredi mantengano un rapporto diretto e concreto con l’immobile, a garanzia che il beneficio fiscale resti legato all’uso personale e abitativo della casa.

Indice dei Contenuti:
  • Bonus ristrutturazione e affitto da parte dell’erede cosa cambia secondo la Suprema Corte
  • Bonus ristrutturazione e trasferimento agli eredi: le regole fondamentali
  • Il caso della Suprema Corte: affitto e perdita del bonus
  • Detenzione diretta dell’immobile: significato e implicazioni giuridiche


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In particolare, l’articolo 2, comma 5 della legge n. 289/2002 disciplina espressamente il trasferimento delle detrazioni residue al subentro degli eredi. Non è sufficiente la sola titolarità della proprietà per acquisire il diritto a continuare a fruire del bonus: è indispensabile che l’erede eserciti una effettiva detenzione materiale e diretta dell’immobile.

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Questa condizione è essenziale perché il meccanismo del bonus ristrutturazione intende premiare il miglioramento delle condizioni abitative del contribuente. Pertanto, se l’erede decide di alienare o locare l’abitazione, si perde il diritto alla detrazione residua e l’Agenzia delle Entrate è legittimata a revocare il beneficio.


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Perciò, il trasferimento al soggetto successore è subordinato al suo effettivo utilizzo personale dell’immobile, assunto che si traduce nell’abitarvi stabilmente o nell’adibirlo ad abitazione principale. La mera intestazione catastale o la comunanza di proprietà non sono elementi sufficiente a garantire il subentro nel bonus.

Il caso della Suprema Corte: affitto e perdita del bonus

La pronuncia della Suprema Corte con l’ordinanza n. 11731 del 5 maggio 2025 chiarisce definitivamente che l’erede che decide di locare l’immobile ereditato perde il diritto a fruire delle quote residue del bonus ristrutturazione. Nel caso esaminato, la madre beneficiava dell’agevolazione, ma il figlio, successore dell’immobile, non ne ha continuato l’uso diretto, preferendo affittare la casa a terzi. Tale comportamento ha fatto scattare l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, che ha negato il trasferimento del beneficio fiscale.

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La Suprema Corte ha confermato la posizione dell’Agenzia e della Commissione Tributaria Regionale, rigettando il ricorso dell’erede. Il principio affermato è che il subentro nella detrazione non è automatico e non si può prescindere dall’effettivo utilizzo personale dell’immobile. L’erede che esternalizza l’uso dell’abitazione a terzi, attraverso la locazione, interrompe la continuità dell’agevolazione, la quale è strettamente legata alla finalità di incentivare il miglioramento delle proprie condizioni abitative.

Questa sentenza mette in evidenza come la normativa e la giurisprudenza insistano sulla necessità di garantire una detenzione concreta e diretta dell’immobile. Un uso mediato o indiretto, come la concessione in affitto, non può qualificarsi come “detenzione” ai fini del mantenimento del bonus. Pertanto, l’erede che non assume una posizione attiva rispetto all’immobile, trasformandolo in una fonte di reddito anziché in residenza personale, si vede inesorabilmente escluso dal beneficio fiscale residuo.

Detenzione diretta dell’immobile: significato e implicazioni giuridiche

Il concetto di detenzione diretta dell’immobile assume un ruolo fondamentale ai fini della legittimità al subentro nelle detrazioni fiscali per ristrutturazione. La giurisprudenza conferma che non è sufficiente il mero possesso formale o la titolarità sulla carta: è imprescindibile che l’erede disponga effettivamente dell’immobile per un uso abitativo proprio. Tale utilizzo personale può concretizzarsi nella residenza stabile o in un impiego diretto della casa come abitazione principale.

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La Suprema Corte ha sottolineato come la detenzione materiale si traduca in una disponibilità reale e non simbolica. Di conseguenza, un’eredità puramente passiva, in cui l’immobile venga destinato a locazione o altra forma di godimento da parte di terzi, determina la perdita del diritto a godere delle quote residue del bonus ristrutturazione. Si configura così una limitazione stringente volta a preservare la natura dell’agevolazione, che si rivolge esclusivamente al miglioramento dell’abitazione personale del contribuente.

Da un profilo giuridico, la distinzione tra proprietà e detenzione è cruciale: la prima attribuisce un diritto reale, mentre la seconda implica un rapporto di fatto con il bene. L’uso concreto della casa da parte dell’erede è il criterio cardine che qualifica il beneficiario ai fini dell’agevolazione fiscale. Senza questo elemento, l’eventuale trasferimento delle quote residue si disgiunge dallo scopo della normativa, determinando la decadenza del beneficio.


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