Bitcoin: Lettera aperta al Governo sulla Aliquota monstre al 42% Plusvalenze Cripto
La tassa sulle plusvalenze cripto: un freno all’innovazione tecnologica in Italia?
Un importante numero di rilevanti stakeholders italiani del mondo delle Cryptovalute ha deciso di scrivere e pubblicare in rete una lettera aperta al ViceMinistro alle Finanze Maurizio Leo dopo il paventato aumento della tassazione al 42% sulle plusvalenze cripto in Italia che rischia di danneggiare non solo gli investitori, ma anche l’intero ecosistema dell’innovazione tecnologica del Paese, favorendo la fuga di cervelli e di capitali. Un confronto critico sulla misura e il suo impatto.
Di seguito un estratto editoriale di quanto contenuto nella lettera aperta al viceministro alle Finanze Maurizio Leo ed in fondo all’articolo il testo originale sottoscritto dai principali stakeholders italiani del mondo crypto.
L’impatto della nuova tassazione sulle cripto-attività: il contesto attuale
Nel corso degli ultimi anni, l’Italia ha assistito a una crescita esponenziale degli investimenti in cripto-attività. A giugno 2024, più di 1,3 milioni di italiani detenevano cripto-attività presso intermediari autorizzati, con un controvalore complessivo di oltre 2,2 miliardi di euro. Complessivamente, oltre 2 milioni di persone hanno investito in criptovalute attraverso intermediari autorizzati negli ultimi anni, e la maggioranza di questi investitori è composta da giovani con meno di 40 anni, secondo i dati dell’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM).
L’ampia diffusione delle cripto-attività nel Paese, che arriva a coinvolgere circa 3,6 milioni di persone se si includono anche coloro che detengono cripto attraverso intermediari non autorizzati, rappresenta una rivoluzione nel modo in cui i cittadini italiani approcciano gli investimenti.
L’innovazione tecnologica e finanziaria si intrecciano, offrendo nuove opportunità di diversificazione dei portafogli grazie alla bassa correlazione delle criptovalute con altre forme di investimento. Proprio per questo motivo, la Research Institute Foundation degli Analisti Finanziari Certificati (CFA) suggerisce dal 2021 di destinare il 2,5% dei portafogli d’investimento a Bitcoin.
Tuttavia, il recente annuncio di un’imposta sostitutiva sulle plusvalenze cripto che porterebbe l’aliquota al 42%, ben al di sopra del 26% riservato agli investimenti finanziari tradizionali, ha sollevato preoccupazioni crescenti non solo tra gli investitori, ma anche tra gli operatori del settore e gli esperti di innovazione tecnologica.
Un’imposta discriminatoria e iniqua?
Uno degli aspetti più critici dell’aumento della tassazione sulle plusvalenze cripto al 42% è la sua presunta natura discriminatoria. Tale misura risulterebbe infatti iniqua non solo per gli investitori italiani, ma anche potenzialmente incostituzionale.
A destare perplessità è la disparità di trattamento tra chi investe direttamente in cripto-attività, soggetto alla nuova imposta, e chi invece si affida a strumenti finanziari indiretti, come fondi d’investimento in criptovalute (ETF, ETP, ecc.), che rimarrebbero tassati al 26%.
Questa differenziazione introduce una spaccatura tra modalità d’investimento che, di fatto, dovrebbe essere trattata alla pari. La misura appare particolarmente iniqua verso le giovani generazioni, che rappresentano la stragrande maggioranza degli investitori in criptovalute.
Colpire lo strumento d’investimento privilegiato dai nativi digitali rischia di alienare ulteriormente questi ultimi, già in una difficile relazione con il mondo degli intermediari finanziari tradizionali.
Il futuro dell’industria dei servizi cripto in Italia
Non è solo una questione di giustizia fiscale: la nuova imposta minaccia anche di compromettere gravemente la competitività dell’Italia come hub di innovazione tecnologica.
Il settore dei Virtual Asset Service Providers (VASP), che ha visto crescere il suo indotto dell’85% rispetto al 2023, generando un valore economico di circa 2,7 miliardi di euro, si troverebbe a dover fronteggiare uno svantaggio competitivo rispetto ai mercati internazionali.
In un contesto europeo dove Paesi come Svizzera e Germania offrono regimi fiscali molto più favorevoli (in Svizzera, ad esempio, non vi è alcuna tassazione sulle cripto, mentre in Germania le plusvalenze non sono tassate se le criptovalute vengono detenute per più di 12 mesi), l’Italia rischia di assistere a una fuga di investitori e start-up verso giurisdizioni più attraenti.
Le ripercussioni potrebbero includere un rallentamento dell’innovazione e un impoverimento delle competenze legate a settori strategici come l’informatica e la crittografia.
Le ripercussioni sul mondo della consulenza finanziaria
Un altro aspetto critico legato all’aumento della tassazione è il potenziale impatto negativo sull’industria della consulenza finanziaria.
Con un’aliquota così sproporzionata rispetto ad altri strumenti finanziari, i consulenti si troverebbero costretti a privilegiare logiche di arbitraggio fiscale piuttosto che il genuino interesse economico dei clienti.
La pianificazione finanziaria diventerebbe così più complessa, con un inevitabile impatto sulla capacità dei consulenti di offrire soluzioni trasparenti ed efficaci.
Questo potrebbe tradursi in una riduzione del gettito fiscale a medio-lungo termine, poiché gli investitori cercherebbero inevitabilmente di sfruttare le lacune normative e spostare i propri capitali verso Paesi con regimi fiscali più favorevoli.
Un effetto controproducente per l’erario
L’imposta sulle cripto-attività introdotta con la legge di bilancio 2023 aveva già rappresentato un importante passo avanti, colmando un vuoto normativo e fornendo un quadro chiaro e definitivo per gli investitori.
Tuttavia, l’aumento sproporzionato della tassazione potrebbe avere un effetto controproducente per l’erario. Invece di incentivare la conformità fiscale, questa nuova aliquota rischia di scoraggiare la dichiarazione dei profitti generati dalle cripto-attività, spingendo molti investitori verso operatori non autorizzati.
Il risultato sarebbe un indebolimento del contrasto all’evasione fiscale e una perdita di fiducia degli investitori. Le stime di gettito derivanti dalla nuova imposta appaiono eccessivamente ottimistiche e non tengono conto della crescente tendenza degli investitori a spostare i propri capitali verso mercati con un trattamento fiscale più favorevole.
Una contraddizione con la politica di innovazione del governo
Negli ultimi anni, il governo italiano ha investito molto nello sviluppo di progetti blockchain e infrastrutture digitali, riconoscendo il potenziale delle cripto-attività per migliorare l’efficienza dei processi economici.
Tuttavia, l’aumento della tassazione sulle cripto rappresenta una contraddizione rispetto a tali sforzi e rischia di vanificare anni di investimenti pubblici e privati volti a promuovere l’innovazione.
In un mondo sempre più digitalizzato, è fondamentale che le politiche fiscali siano allineate con la necessità di sostenere la sovranità digitale del Paese e di promuovere l’adozione di nuove tecnologie. Penalizzare un settore così promettente potrebbe precludere all’Italia la possibilità di posizionarsi come un leader europeo nell’innovazione tecnologica.
Verso una regolamentazione più equilibrata e lungimirante
In qualità di professionisti impegnati nel settore delle cripto-attività, gli autori della lettera aperta al MEF e al governo auspicano un confronto costruttivo con le istituzioni per rivedere la proposta di aumento dell’aliquota e adottare un approccio più equilibrato.
L’obiettivo è quello di trovare soluzioni che consentano di aumentare l’efficienza della raccolta fiscale senza compromettere la fiducia degli investitori o soffocare l’entusiasmo per l’innovazione.
L’Italia ha la possibilità di posizionarsi come un hub tecnologico all’avanguardia, ma per farlo è essenziale che le politiche fiscali siano eque e orientate alla crescita. Solo attraverso un dialogo aperto e una regolamentazione razionale, l’Italia potrà cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e contribuire allo sviluppo di un sistema finanziario moderno e inclusivo.
I FIRMATARI DELLA LETTERA APERTA:
Ferdinando Ametrano – CheckSig
Filippo Annunziata – Studio Annunziata e Conso
Cesare Armellini – NAFOP
Francesco Avella – Studio Avella e Associati
Stefania Barsalini – D&B Tax Account
Mirko Barzaghi – 20bytes
Nicola Benini – IFA Consulting
Paola Bongini – Crypto Asset Lab e Università Milano-Bicocca
Mariano Carozzi – First Personal Coin
Andrea Conso – Studio Annunziata e Conso
Andrea De Lodovici – ACM Solution
Antonio Di Giorgio – Studio Annunziata e Conso
Francesca Failoni – AlpsBlockchain
Andrea Ferrero – Young Platform
Gianna Figà Talamanca – Crypto Asset Lab e Università di Perugia
Gianluigi Guida – Binance Italia
Paolo Mazzocchi – Digital Gold Institute
Christian Miccoli – Conio
Sara Noggler – Polyhedra
Andrea Pantaleo – DLA Piper
Valeria Portale – Osservatorio Blockchain & Web3 Politecnico di Milano
Massimo Simbula – Studio Legale Simbula
Gianluca Sommariva – Hodlie