Benvenuto Presidente, la recensione della commedia con Claudio Bisio e Kasia Smutniak al Quirinale
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Benvenuto Presidente è la storia di Peppino Garibaldi (Claudio Bisio), bibliotecario di un paese di montagna con la passione per la pesca che ama intrattenere i bambini inscenando passi dei libri più famosi e passare i pomeriggi a fare grigliate di pesce in compagnia degli amici.
La sua quotidianità viene però irrimediabilmente sconvolta quando alcune auto scure si fermano accanto alle sponde del fiume dove è è abituato a pescare.
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Una classe politica in crisi dopo mesi di impasse ha eletto un nuovo Presidente della Repubblica. Ignorando totalmente l’esistenza di un omonimo vivente, i partiti hanno votato all’unanimità Giuseppe Garibaldi come più alta carica dello stato. E così Peppino che ha tutti i requisiti necessari per occupare le stanze più importanti del Quirinale – più di 50 anni, italiano, incensurato – viene suo malgrado prelevato senza troppi complimenti e catapultato a Roma.
La speranza è quella che possa in breve tempo rinunciare alla carica politica appena acquisita, magari allettato dalla prospettiva di un incarico di pregio o di un posto di lavoro sicuro.
Peppino, però, è diverso dai politici che lo circondano, a tutto interessati tranne che al bene del paese, e non appena si renderà conto della realtà dei fatti deciderà di mantenere il suo ruolo politico, tentando di fare il possibile per migliore il paese. Ad affiancarlo troverà l’affascinante Vice Segretario Janis Clementi (Kasia Smutniak) che tenterà in tutti i modi di addomesticarlo alla vita di palazzo, senza successo e con esiti imprevisti.
L’umanità dirompente di Peppino lo porterà a scontrarsi più volte con il protocollo del Quirinale, ma la sua semplicità farà in modo che venga amato dal Paese.
Chi di noi non ha mai pensato una volta nella vita “se potessi essere Presidente della Repubblica, quante cose cambierei…”. Lo spunto principale di Benvenuto Presidente è proprio questo: sradicare un personaggio semplice dal suo ambiente e trapiantarlo in un mondo di politica, intrighi e regole che non gli appartengono. E’ uno spunto interessante ed estremamente attuale che se maneggiato con la dovuta cura avrebbe potuto essere la base per un’ottima pellicola.
Eppure qualcosa in questo film sembra non funzionare nel modo giusto, nonostante gli ingredienti di base siano ottimi.
Il cast è ben assortito: Claudio Bisio si destreggia bene con il ruolo riuscendo a suscitare empatia nel pubblico con una comicità a tratti delicata. Ad affiancarlo troviamo Kasia Smutniak a suo agio nelle vesti del Vice Segretario ligio al dovere ma con un passato hippie di tutto rispetto.
Ottime anche le interpretazioni di Beppe Fiorello, Cesare Bocci e Massimo Popolizio nelle vesti dei tre politici corrotti complici della sfortunata elezione, che caratterizzano alla perfezione i loro personaggi.
La regia di Riccardo Milani è piacevole e fluida e le ambientazioni della Venaria Reale, sostituta d’eccezione del Quirinale, sono visivamente piacevoli. Eppure la sceneggiatura di Fabio Bonifacci non supporta il cast e la regia, partendo con entusiamo per poi oscillare tra commedia, critica sociale e fiaba senza riuscire a decidersi.
La trama principale della critica ad un classe politica più interessata alle proprie tasche che non agli interessi del paese non trova un efficace supporto nella battute e nelle gag comiche distribuite a manciate, che in più occasioni risultano fuori luogo abbassando notevolmente la qualità e lo spessore dei personaggi.
Uno su tutti quello di Peppino, che inizialmente mosso da buona fede e nobili ideali perde profondità, spessore ed occasioni ad ogni minuto che passa trasformandosi in una macchietta comica qualunque, mentre avrebbe potuto aspirare a ben altro.
La storia ne risulta impoverita e sul finire si arrende definitivamente perdendo tono ed intenti.
Quella che poteva essere una commedia agrodolce con un deciso sottotono di critica sociale si trasforma così in un racconto che perde senso e significato man mano che si avvicina al suo epilogo.
L’impressione che rimane all’uscita dalla sala è quella che ancora una volta si sia voluto evitare di scontentare il pubblico proponendo spunti di riflessione originali e ben cucinati invece di risate a buon mercato. Ne risulta una piacevole digressione pomeridiana assolutamente non indimenticabile.
Peccato perchè le premesse c’erano tutte. Ed erano davvero buone.
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