Apple denunciata in tribunale per obbligo di installazione di iOS 7 senza la volontà dell’utente possessore dello smartphone
Disponibile già da alcune settimane il nuovo sistema operativo della Apple, iOS 7, è stato scaricato da un buon 70% di utenti con un iDevice.
Non tutti però sono interessati a questo aggiornamento e c’è chi parla di frode e abuso, e fa causa alla Big di Cupertino, portando l’amministratore delegato dell’azienda, Tim Cook, davanti al tribunale .
Come era chiaro fin da subito, quando è stato tolto dal mercato il precedente sistema operativo (iOS 6) per fare posto all’iOS 7, il processo di aggiornamento è irreversibile: molti utenti proprio per questo hanno deciso di aspettare, e le prime critiche non hanno impiegato molto ad arrivare.
Per i vecchi modelli, come l’iPhone 4, o per alcune tipologie di utenti, più rivolti alle funzionalità di base che alla grafica performante, il nuovo sistema operativo costituiva un gap.
Da qui la scelta di rimanere con la versione precedente dell’iOS.
Ma basta che il dispositivo sia in carica e sotto copertura wi-fi, che il file di istallazione (di circa un Gb) viene scaricato in maniera automatica e inizia così la richiesta costante di update.
Secondo Mark David Menacher, un utente californiano, la scelta di procedere o meno alla fine sarebbe minata dalla politica della Apple, definita “bullismo aziendale”, che diventa una scelta quasi vincolante. Innanzitutto non si può rimuovere il file di istallazione, che occupa spazio utile nella memoria del dispositivo, e poi le continue e pressanti richieste di aggiornamento del software (rimane fermo che il sistema operativo o altri aggiornamenti non vengono istallati senza l’esplicito consenso del proprietario del device) porterebbero ad agire in tal senso per sfinimento.
Il signor Menacher prima di fare causa all’azienda di Cupertino, chiedendo un risarcimento di 50 dollari, per le spese legali e il tempo perso, e la rimozione del file di istallazione, ha provato a risolvere la situazione nei modi classici, rivolgendosi al servizio di assistenza, ai tecnici e poi, via via, sempre più su. Ma non ha ricevuto alcuna risposta.
Allora, per salvaguardare il proprio diritto di scelta alla fine si è rivolto al tribunale californiano di San Diego. Non è escluso che da questa accusa si possa provare ad aprire una class action, che sicuramente, vista la legislazione statunitense, porterebbe ad avere un seguito.