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Antisemitismo a Venezia: la polemica sull’installazione della Fondazione Prada

  • Redazione Assodigitale
  • 14 Settembre 2024

La controversia presso la Fondazione Prada: un’accusa di antisemitismo

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Di recente, una mostra presso la Fondazione Prada a Venezia ha suscitato scalpore tra alcuni visitatori ebrei e israeliani, i quali hanno espresso forte indignazione per il presunto contenuto antisemita di un’installazione artistica.

Indice dei Contenuti:
  • Antisemitismo a Venezia: la polemica sull’installazione della Fondazione Prada
  • La controversia presso la Fondazione Prada: un’accusa di antisemitismo
  • L’installazione “Monte di Pietà” di Christoph Büchel: arte o antisemitismo?
  • La risposta dell’European Jewish Association (EJA)
  • Richiesta di rimozione e il dibattito sull’arte come espressione


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La mostra, creata dall’artista svizzero Christoph Büchel e intitolata Monte di Pietà, esplora concetti complessi legati al debito, alla finanza e al potere politico e culturale. Tuttavia, alcuni visitatori, supportati da organizzazioni come l’European Jewish Association (EJA), hanno percepito nel contenuto dell’installazione evidenti tracce di antisemitismo, con riferimenti impliciti a stereotipi storici legati agli ebrei e al denaro.

L’installazione “Monte di Pietà” di Christoph Büchel: arte o antisemitismo?

L’opera centrale della controversia è l’installazione Monte di Pietà, presentata come un’“immersione profonda nel concetto di debito come radice della società”. Essa comprende una serie di documenti storici, opere d’arte e manufatti collegati al mondo immobiliare, finanziario e del credito.


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Tra i pezzi esposti, spiccano documenti precedentemente classificati del governo britannico, riguardanti obbligazioni di guerra legate alla Palestina mandataria, sacchi di cemento con scritte in ebraico e un monitor che trasmette immagini di confini geografici strategici, come Gaza, il Libano, Tel Aviv e Gerusalemme.

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Uno degli elementi più criticati è una cartolina in ebraico con l’immagine di Lord Balfour, politico britannico noto per la Dichiarazione Balfour del 1917, che sancì il sostegno britannico alla creazione di un “focolare nazionale” per il popolo ebraico in Palestina.

L’inclusione di questa cartolina, insieme ai documenti finanziari legati al periodo del Mandato Britannico, è stata interpretata da alcuni come un tentativo di suggerire che la creazione dello Stato di Israele fosse frutto di una cospirazione finanziaria, alimentando così un mito antisemita secondo cui gli ebrei eserciterebbero un potere occulto attraverso il controllo del denaro.

Molti di coloro che hanno visto la mostra hanno percepito una sottile, ma inquietante, riaffermazione di pregiudizi storici profondamente radicati.

La risposta dell’European Jewish Association (EJA)

La European Jewish Association (EJA), che rappresenta centinaia di comunità ebraiche in tutta Europa, è stata tra le prime organizzazioni a sollevare obiezioni formali. Numerosi testimoni della mostra si sono rivolti all’EJA, affermando che l’opera di Büchel “riportava alla luce vecchi stereotipi sugli ebrei ricchi e potenti”.

La principale preoccupazione era che i documenti esposti e la rappresentazione del processo di creazione dello Stato di Israele avrebbero potuto essere interpretati come una cospirazione orchestrata da poteri finanziari ebraici, perpetuando in questo modo antichi pregiudizi.

Rav Menachem Margolin, presidente dell’EJA, ha dichiarato in un comunicato: “Le parti di questa installazione che mettono sotto i riflettori Israele suggeriscono chiaramente che gli ebrei e gli israeliani hanno soldi e potere, e che qualsiasi guerra, sia essa avvenuta a Gaza, in Libano o durante la creazione dello Stato di Israele, è stata solo il frutto dell’interesse finanziario ebraico”.

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Margolin ha inoltre sottolineato che, anche se il messaggio può apparire sottile, esso ripropone stereotipi antisemiti antichi, travestiti sotto il manto dell’arte.

Secondo il presidente dell’EJA, questo tipo di opere è particolarmente pericoloso in un momento storico caratterizzato da un aumento senza precedenti di episodi di antisemitismo, alimentati dagli eventi recenti come il massacro del 7 ottobre e il conflitto in corso a Gaza.

La critica di Margolin alla Fondazione Prada si è incentrata sulla mancanza di sensibilità mostrata dall’istituzione culturale nella selezione e promozione dell’opera.

“Non riesco a capire come la Fondazione Prada non sia riuscita a vedere i chiari topoi antisemiti esposti in questa installazione”, ha affermato, esprimendo stupore per l’incapacità della Fondazione di riconoscere simboli così evidenti per la comunità ebraica.

Richiesta di rimozione e il dibattito sull’arte come espressione

In seguito alle accuse mosse dall’EJA, la richiesta ufficiale di rimozione della mostra è stata avanzata, accompagnata da un appello alla responsabilità nell’uso dell’arte come mezzo di comunicazione.

Rav Margolin ha esplicitamente chiesto alla Fondazione di ritirare l’intera esposizione, definendola pericolosa e irresponsabile.

“Collegare i temi del denaro e del potere agli ebrei e a Israele è puro antisemitismo, per quanto artistico ciò pretenda di essere”, ha aggiunto, suggerendo che l’opera non debba essere considerata sotto il semplice prisma dell’arte, ma per i messaggi impliciti che veicola.

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Questa controversia apre un più ampio dibattito sul ruolo dell’arte nel riflettere e commentare temi storici e politici.

Da un lato, gli artisti hanno la libertà di esplorare temi complessi e provocatori; dall’altro, le opere d’arte non esistono in un vuoto culturale e devono essere contestualizzate rispetto alla loro ricezione pubblica, soprattutto quando coinvolgono simboli e narrazioni storiche sensibili.

In un’epoca in cui i discorsi sull’antisemitismo sono particolarmente accesi, soprattutto alla luce del conflitto israelo-palestinese, opere come Monte di Pietà rischiano di alimentare tensioni già esistenti.

La Fondazione Prada, pur difendendo il valore artistico dell’opera, non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali riguardo la possibile rimozione dell’installazione o eventuali modifiche all’esposizione per affrontare le preoccupazioni sollevate dall’EJA e da altre comunità ebraiche.

Tuttavia, questa vicenda sottolinea quanto sia delicato l’equilibrio tra libertà artistica e responsabilità sociale, soprattutto quando si tratta di rappresentazioni di gruppi etnici o religiosi storicamente perseguitati.

In conclusione, la mostra Monte di Pietà di Christoph Büchel ha sollevato domande cruciali sull’intersezione tra arte, politica e memoria storica.

La reazione dell’EJA e delle comunità ebraiche evidenzia come la rappresentazione di certi temi possa evocare ferite profonde e riaccendere pregiudizi antichi.

Resta da vedere se la Fondazione Prada deciderà di modificare o rimuovere l’installazione, o se il dibattito sull’arte e sull’antisemitismo continuerà a crescere nei prossimi mesi.


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