Animali che comunicano desideri su TikTok: il fenomeno dei bottoni interattivi
Video virali di animali e comunicazione
Su TikTok e altre piattaforme social, il fenomeno dei video in cui gli animali, in particolare i cani, sembrano comunicare usando pulsanti di plastica è in costante crescita. Questi filmati mostrano come i cani utilizzino pulsanti programmati per esprimere desideri e sentimenti, creando la sensazione di una reale conversazione con i loro proprietari. Il caso di Bunny, un cane che ha guadagnato popolarità mondiale attraverso la sua capacità di “parlare”, è emblematico di questo trend. Grazie alle interazioni con la sua proprietaria, Alexis Devine, Bunny ha acquisito un vocabolario di oltre 100 pulsanti per comunicare vari concetti, rendendo i suoi video virali durante e dopo il lockdown.
Questa insistenza sull’interazione animale determina un forte interesse da parte dei proprietari, i quali si trovano attratti dall’idea di poter comprendere un processo mentale ritenuto impenetrabile. Le richieste che emergono nei video sono variegate: dalla semplice richiesta di alimentazione o passeggiata, fino a domande più complesse e astratte. Tuttavia, tali manifestazioni comunicative stimolano un dibattito profondo su cosa realmente significhi “parlare” per un animale e in che misura possa essere interpretato come una forma di linguaggio autentica.
In questo contesto, il flusso di contenuti che mostra animali di diverse specie come gatti, maiali, cavalli e persino mucche, interagire con pulsanti per esprimere il loro stato d’animo o desideri è continuo. Ciò solleva interrogativi sull’effettiva capacità comunicativa degli animali e su come noi, come esseri umani, interpretiamo questo comportamento come una manifestazione di intelligenza e connessione emotiva.
Storia degli animali con i pulsanti parlanti
Un punto cruciale nel fenomeno dei pulsanti parlanti è rappresentato dall’esperienza di Christina Hunger, logopedista pioniera nel campo dell’apprendimento animale. Hunger ha applicato le tecniche di comunicazione da lei utilizzate per i bambini alla sua cagnolina, Stella. Iniziando con semplici comandi come FUORI, ACQUA e GIOCA, Stella ha progressivamente ampliato il suo repertorio, riuscendo in un anno a combinare frasi brevi come A LETTO PIÙ TARDI. Questa evoluzione ha portato Hunger a un’epifania: Stella non solo stava imparando a “parlare,” ma stava interagendo con un linguaggio che riempiva un vuoto comunicativo tra uomo e animale.
Un episodio significativo ha segnato un momento di grande risonanza emotiva: quando l’ora del pasto di Stella è stata posticipata, il cane ha espresso il suo disappunto premiando il pulsante LOVE YOU NO. Questa interazione ha dimostrato, secondo Hunger, come gli animali possano effettivamente comunicare stati d’animo e desideri, portando altri proprietari a ripetere l’esperimento nei propri contesti familiari.
In questo ambito, l’efficacia dell’apprendimento non sembrerebbe risiedere unicamente nella ripetizione meccanica, ma piuttosto nella relazione empatica costruita tra umani e animali. I risultati osservati da Hunger sono confermati anche da Camille Bromley, che ha notato come le caratteristiche comuni tra i cani più abili nell’utilizzare questi pulsanti includano proprietari dedicati che trascorrono tempo significativo insieme ai propri animali. Spesso i proprietari sono donne senza figli, evidenziando un legame profondo che trascende il semplice possesso di un animale domestico, vedendolo come un vero e proprio membro della famiglia.
Opinioni degli esperti sull’uso dei pulsanti
Il dibattito sull’uso dei pulsanti parlanti per la comunicazione con gli animali ha suscitato opinioni contrastanti tra diversi esperti. Tra gli scettici figura Alexandra Horowitz, direttrice di un laboratorio di cognizione canina al Barnard College, che esprime preoccupazioni riguardo alla pressione che esercitiamo sugli animali nell’adattarsi a metriche comunicative umane. Secondo Horowitz, i cani già si adeguano a molti aspetti della vita umana, come la socializzazione e il comportamento al guinzaglio. La sua posizione sostenerebbe che, piuttosto che forzare una comunicazione attraverso pulsanti, dovremmo apprezzare le peculiarità di ciascuna specie, riconoscendo il mistero e l’unicità degli animali.
In contrasto, Federico Rossano, esperto in scienze cognitive, sostiene l’importanza dei pulsanti come strumento potenziale di comunicazione. Partendo dal presupposto che i cani hanno già sviluppato una capacità di comprensione delle parole umane surpassando altre specie, Rossano evidenzia che l’été di questi cani nell’imparare a “parlare” non priva loro della loro natura. Le ricerche che conduce, infatti, mirano a chiarire fino a che punto queste interazioni possono costituire forme genuine di comunicazione, rivelando la possibilità che i cani possano esprimere desideri o emozioni tramite frasi composte. Rossano ha avviato uno studio su larga scala coinvolgendo 10.000 cani e gatti, osservando comportamenti comunicativi che vanno oltre il mero imitare i padroni.
Questo campo di indagine ha un impatto considerevole anche sulle teorie più generali riguardanti le interazioni uomo-animale. La discussione verte non solo sull’efficacia di tali metodi, ma anche sulle potenziali implicazioni psicologiche per animali e proprietari. Mentre c’è chi ritiene che l’uso dei pulsanti ostacoli la genuinità delle relazioni, c’è anche chi vede la loro adozione come un’opportunità per approfondire la comprensione interspecifica. Ciò pone una questione fondamentale: a quale punto l’intenzione umana di comunicare non solo eguaglia, ma arricchisce il legame con gli animali, permettendo loro di esprimere meglio le proprie esigenze e stati d’animo?