Straining e il benessere psicologico sul lavoro
Il concetto di benessere psicologico in ambito lavorativo è frequentemente sottovalutato, eppure è fondamentale per garantire un ambiente produttivo e sano. Con l’emergere di fenomeni come lo straining, diventa cruciale identificare le problematiche che possono compromettere questo benessere. Lo straining è una forma di stress che si verifica in seguito a situazioni negative specifiche, come demansionamenti o ingiustizie professionali. Questa condizione, a differenza dello stress classico, può comportare effetti duraturi e gravi sulla salute mentale e fisica del lavoratore.
Le recenti ricerche hanno dimostrato che il benessere sul lavoro non è affatto scontato. La presenza di fattori di stress, come l’isolamento, la mancanza di stimoli o, al contrario, un carico eccessivo di lavoro, può portare a una condizione di straining. La dottoressa Rita Gnuva, esperta in psicologia, sottolinea che le esperienze lavorative che conducono a questa forma di stress sono caratterizzate da una mancanza di vie d’uscita, lasciando il lavoratore in una posizione di vulnerabilità. Non è raro che chi subisce tali condizioni si senta svalutato e inadeguato rispetto alle proprie competenze, generando un circolo vizioso di ansia e insoddisfazione.
Per garantire un ambiente di lavoro sano, è quindi essenziale monitorare e intervenire tempestivamente in presenza di segnali di straining. È importante che le aziende promuovano una cultura del benessere, investendo in formazione e supporto psicologico. Fare della salute mentale una priorità può ridurre non solo il rischio di straining, ma anche migliorare significativamente la produttività e la soddisfazione dei dipendenti.
Origine del fenomeno straining
Il termine “straining” è stato coniato dal professor Harald Ege ed è strettamente collegato alle dinamiche lavorative contemporanee. Questo concetto rappresenta una sottile ma profonda evoluzione del fenomeno dello stress, specificamente concentrato nelle relazioni professionali. Secondo la dottoressa Rita Gnuva, psicologa esperta nel campo del benessere psicologico, lo straining coinvolge situazioni lavorative in cui un evento negativo, come un demansionamento o un’ingiustizia, ha ripercussioni significative e permanenti sulla sfera professionale e psicologica del lavoratore.
Una ricerca condotta da Simulus Italia, che ha analizzato le esperienze di 8572 lavoratori in 59 aziende italiane, ha identificato i fattori scatenanti di questo fenomeno, mettendo in evidenza la centralità di condizioni lavorative poco stimolanti o, al contrario, sovraccariche. Il risultato è una forma di stress spinta, spesso inaspettata, in cui il lavoratore si trova a dover affrontare ingiustizie senza possibilità di risoluzione efficace. Questo porta a una valutazione negativa delle proprie capacità e un abbassamento dell’autoefficacia, generando un clima di inferiorità e frustrazione nei confronti del superiore, identificato come “strainer”.
L’analisi suggerisce che lo straining non è un fenomeno isolato, ma piuttosto il prodotto di un ambiente di lavoro tossico, dove le dinamiche di potere giocano un ruolo cruciale. Le vittime di straining spesso percepiscono una mancanza di supporto e una crescente alienazione, fattori che contribuiscono a creare un contesto in cui la salute psicologica è seriamente compromessa. È evidente, quindi, l’importanza di comprendere appieno le origini di questo fenomeno per poter sviluppare strategie di prevenzione e intervento efficaci, rimarcando la necessità di un cambiamento culturale all’interno delle organizzazioni professionali.
Differenze tra straining e mobbing
Comprendere le distinzioni tra straining e mobbing è fondamentale per una corretta diagnosi e gestione dei fenomeni di disagio psicologico in ambiente lavorativo. Mentre entrambi si manifestano tramite comportamenti dannosi e possono avere effetti deleteri sul benessere dell’individuo, le loro caratteristiche e dinamiche sono sostanzialmente diverse. Lo straining si presenta generalmente come un evento traumatico isolato, che ha un impatto immediato e duraturo sulla psiche del lavoratore, derivante da un’azione ostile specifica, come un demansionamento o una comunicazione inadeguata. La vittima di straining vive l’esperienza come un attacco diretto alle sue capacità professionali, trovandosi spesso senza scelte che possano portare a una risoluzione del conflitto.
Al contrario, il mobbing è un fenomeno caratterizzato da una serie di atti ripetuti nel tempo, che possono variare in modalità e intensità, generando un clima di ostilità persistente. Le vittime di mobbing si trovano ancor più isolati, in quanto gli attacchi subiti si sviluppano gradualmente, permettendo spesso al soggetto di non percepire immediatamente la gravità della situazione. La chiave di lettura sta nel tempo: mentre lo straining è un accadimento che si verifica in un momento specifico, il mobbing si nutre di un’escalation di comportamenti ostili accumulati nel tempo, che portano a una sindrome di stress complesso e cronico.
In termini di effetti, i danni provocati dallo straining sono immediati e intensi, creando sofferenza psichica e fisica che può manifestarsi in disturbi ansiosi, depressione e problematiche gastrointestinali, mentre il mobbing tende a distruggere lentamente l’autostima e il senso di competenza, portando spesso a conseguenze gravi come l’assenza prolungata dal lavoro. La consapevolezza delle differenze tra questi due fenomeni non solo aiuta a identificare correttamente le situazioni critiche, ma è anche essenziale per implementare strategie di supporto e recupero efficaci, ad esempio ricorrendo a psicologi o legali che possano fornire assistenza adeguata alle vittime.
Effetti psicofisici dello straining
Gli effetti psicologici e fisici derivanti dallo straining sono complessi e possono manifestarsi in modi profondamente debilitanti. Il fenomeno provoca spesso un’ampia gamma di disturbi mentali, tra cui ansia, insonnia e depressione. I lavoratori coinvolti segnalano un abbassamento dell’autostima e un incremento dei disturbi dell’umore. La pressione psicologica subita in tali contesti può condurre a una condizione di vulnerabilità crescente, dove la persona si sente priva di risorse e supporto.
Oltre agli aspetti psicologici, anche la salute fisica è in serio pericolo. Le conseguenze fisiche del fenomeno includono problematiche dermatologiche come dermatiti e alopecia, ma possono anche estendersi a disturbi gastrointestinali. Questa somatizzazione dei problemi emotivi è un chiaro indicatore della gravità della situazione che il lavoratore sta vivendo. Il legame tra salute mentale e fisica è evidenziato anche dall’opinione di esperti nel settore, che definiscono lo straining come una forma di violenza psicologica: le dinamiche di potere e gli atti ostili diretti al lavoratore mirano a minare la sua integrità e volontà, generando danni significativi e duraturi.
La peculiarità dello straining risiede nella sua natura improvvisa e inaspettata, che coglie il lavoratore di sorpresa, portandolo a vivere una vera e propria crisi esistenziale. In tali condizioni, il soggetto non riesce a comprendere appieno le ragioni di tali atteggiamenti ostili, aumentando la sensazione di impotenza e disorientamento. Di conseguenza, il recupero dall’effetto straining può rivelarsi lungo e tortuoso, richiedendo interventi professionali specifici per ristabilire un equilibrio sano sia a livello psicologico che fisico.
Strategie per affrontare un ambiente tossico
Affrontare un ambiente di lavoro tossico, in particolare quando si è vittime di fenomeni come lo straining, richiede un approccio strategico e consapevole. È fondamentale riconoscere i segnali di allerta che indicano una situazione dannosa per il benessere psicologico e intraprendere azioni efficaci per tutelarsi. Innanzitutto, è importante effettuare un’autovalutazione del proprio stato emotivo e psicologico. Riconoscere i propri sentimenti di ansia, stress e insoddisfazione è il primo passo per capire se si è in una situazione di straining.
Una delle strategie chiave consiste nel cercare supporto. Rivolgersi a professionisti della salute mentale, come psicologi o terapeuti, può fornire uno spazio sicuro per esplorare le proprie emozioni e ricevere strumenti pratici per affrontare la situazione. Inoltre, creare una rete di supporto tra colleghi può risultare vitale: condividere esperienze e strategie con chi vive o ha vissuto situazioni simili offre un senso di comunità e di condivisione che può alleviare il peso dell’isolamento.
- Documentare gli eventi: Tenere un registro dettagliato delle situazioni problematiche, delle interazioni e degli eventi negativi può rivelarsi utile non solo per chiarire la propria posizione ma anche per fornire prove nel caso fosse necessario intraprendere azioni legali.
- Impostare dei confini: È cruciale definire limiti chiari nella propria interazione con colleghi e superiori. Saper dire di no e gestire le proprie energie è fondamentale per evitare di sentirsi sopraffatti.
- Ricercare opportunità di crescita: Partecipare a corsi di formazione può non solo aiutare a migliorare le proprie competenze professionali, ma anche a potenziare l’autoefficacia e la fiducia in se stessi.
Nei casi più gravi, potrebbe essere necessario considerare la possibilità di cercare nuove opportunità di lavoro. Se il contesto diventa insostenibile, un cambiamento di ambiente potrebbe essere l’unica soluzione. Mantenere un atteggiamento proattivo e aperto al cambiamento è essenziale per il recupero e il benessere a lungo termine. L’adozione di queste strategie non solo aiuta a gestire la situazione attuale, ma promuove anche una cultura di salute e rispetto sul posto di lavoro.