Abuso permessi 104 dai dipendenti: limiti, rischi e quando non comporta licenziamento garantito

le prove necessarie per dimostrare l’abuso dei permessi 104
La corretta gestione e l’eventuale contestazione dell’abuso dei permessi previsti dalla Legge 104 richiedono un’attenzione rigorosa e prove di estrema solidità. Non è sufficiente raccogliere elementi superficiali o indizi vaghi: i datori di lavoro devono presentare dimostrazioni chiare, precise e circostanziate per poter giustificare un provvedimento disciplinare, soprattutto quando questo implica la sospensione o il licenziamento. La giurisprudenza ha più volte sottolineato come le prove debbano essere complete e inattaccabili, in grado di evidenziare senza ombra di dubbio un utilizzo improprio dei permessi concessi per assistere familiari con disabilità grave.
Indice dei Contenuti:
Fotografie, pedinamenti o registrazioni isolate non bastano da soli a provare un abuso sistematico: spesso risultano frammentarie o prive del contesto necessario a interpretare correttamente i comportamenti del lavoratore. Occorre dimostrare che l’assenza dal lavoro non fosse giustificata da attività inerenti l’assistenza, tenendo conto che questa non implica necessariamente una presenza fisica costante, ma può comprendere anche attività correlate quali gestioni burocratiche, visite mediche e pratiche amministrative.
Le prove devono, dunque, attestare in modo incontrovertibile l’utilizzo improprio dei permessi, escludendo ogni altra possibile giustificazione correlata alla cura del familiare. Senza un quadro probatorio completo e documentato, ogni contestazione perde efficacia e rischia di essere rigettata dal giudice. In definitiva, per sostenere un provvedimento così grave come il licenziamento, serve un dossier probatorio robusto, fondato su elementi concreti, circostanziati e inequivocabili.
il caso giudiziario del tribunale di bologna e le sue implicazioni
La sentenza emessa dal Tribunale di Bologna, numero 731 del 2025, rappresenta un punto di riferimento significativo nella giurisprudenza circa l’abuso dei permessi ex Legge 104. Nel caso in esame, l’azienda aveva licenziato un proprio dipendente sostenendo che questi avesse utilizzato i permessi a fini personali, avvalendosi di servizi investigativi privati che avevano prodotto fotografie e pedinamenti. Tuttavia, il Tribunale ha evidenziato le numerose lacune di questa prova, giudicandola insufficiente per confermare un utilizzo illecito e sistematico dei permessi.
Le attività svolte dal dipendente, sebbene in alcuni momenti sembrassero non direttamente riconducibili all’assistenza, erano comunque inserite in un contesto più ampio di supporto al familiare non autosufficiente. Ad esempio, è stato rilevato che il lavoratore aveva effettuato pratiche burocratiche, come la visita a un CAF per conto della madre, e in diversi giorni risultava effettivamente presente presso la sua abitazione. Tali elementi hanno messo in dubbio la certezza dell’abuso denunciato dall’azienda.
Il Tribunale ha sottolineato inoltre come due giorni privi di evidenze assistenziali non possano costituire prova di un comportamento fraudolento reiterato, soprattutto considerando che, in quei giorni, la stessa azienda aveva richiesto la conversione delle ferie in permessi Legge 104. La sentenza ribadisce quindi che il contesto e la continuità delle attività assistenziali sono fondamentali per valutare la legittimità dell’uso dei permessi e che le prove devono essere inoppugnabili per giustificare sanzioni gravi come il licenziamento.
il principio di proporzionalità nel licenziamento per abuso dei permessi
La sentenza del Tribunale di Bologna mette in evidenza un principio cardine nel diritto del lavoro: la proporzionalità della sanzione rispetto all’entità e alla gravità dell’infrazione contestata. Nel caso di presunto abuso dei permessi previsti dalla Legge 104, un licenziamento costituisce una misura estrema che può essere adottata solo se supportata da prove rigorose e inequivocabili di un comportamento fraudolento reiterato e grave. Il rischio di adottare provvedimenti sproporzionati agirebbe in contrasto con le tutele previste in favore dei lavoratori che assistono familiari con disabilità.
Non necessariamente l’assenza fisica continua accanto al familiare è un parametro unico di valutazione, poiché l’assistenza comprende anche attività indirette quali pratiche amministrative, prenotazioni mediche o altre incombenze correlate al supporto familiare. Due o pochi giorni nei quali non si riscontrino attività assistenziali, specialmente se contestualizzati e spiegati, non possono essere interpretati come abuso sistematico.
Il giudice quindi richiede un bilanciamento attento tra il diritto del datore di lavoro a tutela dell’efficienza aziendale e quello del dipendente a fruire dei permessi senza subire sanzioni basate su prove insufficienti o parziali. In questo scenario, un licenziamento deve essere motivato da una condotta inequivocabilmente dolosa e reiterata, e preceduto da eventuali ammonimenti proporzionati alle mancanze contestate. La tutela del lavoratore e del suo ruolo di assistente familiare non può essere compromessa da valutazioni superficiali o da un uso strumentale delle indagini private, a tutela di un equilibrio tra responsabilità e diritti.
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