WhatsApp, popolarissimo servizio di messaggistica istantanea, utilizzato soprattutto da chi ha uno tra i cellulari più vantaggiosi, diventa a pagamento. La notizia è diventata un tormentone del web, scatenando un fiume di polemiche: alcuni riportano voci di presunte rivolte degli utenti, unite al boicottaggio in massa in favore di applicazioni analoghe.
A una lettura più attenta delle condizioni contrattuali tuttavia, si scopre che in realtà le regole sono sempre state le stesse, e che la notizia di una presunta gratuità di WhatsApp deriva più che altro dalla confusione creatasi tra gli utenti nella distinzione tra costo dell’applicazione, che di solito si paga una tantum, e costo del servizio, che è invece legato al tempo di utilizzo, e dal sistema operativo dei migliori smartphone.
I termini di utilizzo di WhatsApp dipendono dai relativi “store on line”, ognuno con le sue specifiche condizioni contrattuali. Per gli iPhone ad esempio, l’applicazione è in vendita nel negozio iTunes al prezzo di 0,89 euro, mentre per gli altri sistemi operativi è disponibile gratuitamente.
La differenza è presto spiegata: sui terminali Apple si paga il programma ma non si paga il servizio, sullo schermo dell’iPhone appare, infatti, la dicitura “validità illimitata”. In tutti gli altri casi, il costo annuale del servizio WhatsApp è esplicitamente indicato, e ammonta a 99 centesimi di dollaro, pari a 73 centesimi di euro.
Le proteste di alcuni utenti dunque, derivano da una disinformazione iniziale, e arrivano solo ora probabilmente perché, diventato popolare circa un anno fa, WhatsApp è disponibile in versione di prova gratuita per 12 mesi, che adesso sta per terminare. La beffa dunque non sussiste, e il danno non è tutto sommato così grave: scaduti i termini di prova si può anche passare a un altro programma, oppure scegliere di spendere pochi centesimi all’anno, molto più convenienti del costo dei tradizionali sms.
Nel frattempo molti concorrenti hanno sfruttato questo momento di malcontento degli utenti per cercare di imporre sul mercato le loro applicazioni di messaggistica istantanea, ognuna con caratteristiche proprie: da ChatOn a We Chat, passando per Viber che permette, oltre di inviare messaggi, anche di effettuare chiamate verso i contatti che hanno scaricato la stessa applicazione.
Qualunque applicazione di scelga, e che sia o meno a pagamento, è sicuramente in atto una rivoluzione del modo di comunicare a cui si stanno adattando anche le compagnie telefoniche. Se prima della nascita di queste applicazioni le attrattive che i vari operatori offrivano per attirare clienti era il numero di minuti e messaggi a disposizione, questa “tattica” ormai è di gran lunga.
Gli operatori ormai si sfidano a colpi di gigabyte da mettere a disposizione dei clienti per la navigazione, mentre chiamate e messaggi vengono offerte illimitatamente o con soglie molte alte, con la consapevolezza che pochissimi consumatori sfrutteranno a pieno questo aspetto dell’abbonamento. Al contrario, le brutte sorprese arrivano quando si supera la soglie prevista dal proprio piano tariffario per la navigazione: in questo caso le bollette sono molto salate, specie se la navigazione extra soglia è stata effettuata all’estero.